In pochi mesi è cambiato il mondo. Quello obbligazionario di certo. Ieri, Milano Finanza riportava la notizia che i bond con rendimenti negativi nel mondo sono rimasti in 100 per 2.500 miliardi di dollari. Nel dicembre 2020, erano ancora 4.500 per un valore complessivo di oltre 18.000 miliardi. Rimanendo ai mesi scorsi, era ancora agosto quando il Bund a 10 anni offriva -0,5% contro l’1% di ieri. E da agosto ad oggi, il bond a 100 anni dell’Austria con scadenza 30 giugno 2120 e cedola 0,85% (ISIN: AT0000A2HLC4) si è perfettamente dimezzato di prezzo, scendendo sotto 55 centesimi.

E non a caso lo possiamo inquadrare come bond speculativo, non per il suo grado di rischio. Anzi, esso vanta rating altissimi. Ma proprio per questa sua natura di “porto sicuro” e per via della sua elevatissima “duration”, si presta bene per il trading nelle fasi di svolta dei mercati.

Bond speculativo austriaco dimezzatosi da agosto

Per capire perché quello austriaco sia nei fatti un bond speculativo, bisogna guardare alle sue variazioni. Soltanto nove mesi fa, prezzava a quasi 110 e offriva un rendimento lordo di 0,86%. Ieri, rendeva l’1% in più. A fronte di tale aumento, come dicevamo la sua quotazione ha perso il 50%. Una enormità! E la discesa potrebbe non essere finita, per quanto il grosso sarebbe già avvenuto.

Il punto è un altro. Chi compra un bond speculativo, generalmente non lo fa per tenerselo in portafoglio fino alla scadenza, a maggior ragione se ha una durata residua di un secolo o giù di lì. Se oggi comprassimo il bond a 100 anni dell’Austria, incasseremmo annualmente una cedola lorda effettiva dell’1,55%. Non tanto, ma neppure così poco. Se il guadagno dell’investimento fosse tutto questo, non avrebbe granché senso, a meno di voler innalzare la qualità degli asset in portafoglio. Se, invece, l’obiettivo fosse di rivendere alla prima occasione utile, la musica cambierebbe.

Mercato in cerca di ‘porti sicuri’

Pensiamo un attimo alla risalita di questo titolo al primo accenno di crisi dell’economia europea/mondiale o nel caso in cui l’inflazione nell’Eurozona fosse domata dalla BCE. Nel secondo caso, non si tratterebbe di una prospettiva a breve. Comunque, se aspettassimo qualche anno, potremmo assistere a un vigoroso rialzo della quotazione. Pensate che a 75 centesimi, avremmo realizzato una plusvalenza di oltre il 36%. Le probabilità, invece, che le quotazioni continuino a scendere e a restare ai minimi per parecchio tempo, appaiono relativamente minori. Il mercato è sempre alla ricerca di porti sicuri contro tensioni e crisi. E in vista ve ne sono parecchie, anzi esistono già. Basti guardare all’Ucraina. La disinflazione, vuoi per merito della BCE o di una recessione economica o di entrambe, rivitalizzerebbe l’obbligazionario.

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