Il Tesoro americano ipotizza di emettere nuovi titoli del debito federale e lo ha ribadito in questi giorni, lasciando intendere di ipotizzare il ripristino dei Tresaury a 20 anni, il lancio di un Treasury a 50 anni e quello di un T-bill a 12 mesi con cedola legata non più al Libor, bensì al SOFR (“Secured Overnight Financing Rate”), il nuovo “benchmark” per i tassi variabili destinato a soppiantare a breve il Libor per rendere più trasparente il meccanismo di formazione dei tassi a breve.

Treasury a rendimento zero? Trump preme sulla Fed

Nell’anno fiscale in corso e che si concluderà nel settembre 2020, l’America avrebbe bisogno di rifinanziarsi sui mercati per oltre 1.000 miliardi di dollari, in aumento dai 984 miliardi dello scorso anno fiscale, a seguito dell’aumento del deficit fiscale. Grazie al ripristino degli acquisti di Treasuries da parte della Federal Reserve per 60 miliardi di dollari al mese, il Tesoro non dovrebbe incontrare difficoltà a indebitarsi a costi in linea, se non inferiori, a quelli vigenti in questi ultimi mesi.

Attualmente, il Treasury più longevo ha scadenza trentennale e rende il 2,26%, giù dal 2,97% di inizio anno. E’ l’effetto taglio dei tassi per 75 punti base da luglio allo scorso mercoledì, ma anche della caccia alla “yield” scatenatasi nel mondo dopo che i rendimenti sovrani e corporate in Europa e Giappone sono crollati ai minimi storici e sotto lo zero per una massa di 17.000 miliardi di dollari nel mondo, un terzo del totale delle dimensioni del mercato obbligazionario. In questo contesto, il governo americano fiuta l’affare e forte anche di una curva dei tassi ancora molto allettante, dati i rendimenti offerti relativamente molto superiori alla media delle economie avanzate, punta ad allungare le scadenze con l’emissione di Treasury ultra-lunghi.

L’esempio dell’Austria

Bisogna premettere che nemmeno la Germania ad oggi ha un Bund a 50 anni, proprio perché assieme all’America gode della fiducia quasi infinita dei mercati e non avverte alcuna necessità di tutelarsi contro le mutevoli condizioni finanziarie, contrariamente a quanto facciano stati come l’Italia, che alla minima finestra temporale positiva ne approfittano per consolidare i rispettivi debiti sovrani.

Ad ogni modo, se il Tesoro puntasse ugualmente e seriamente ad emettere scadenze molto lunghe per “bloccare” i bassi costi di rifinanziamento per mezzo secolo come minimo, dovrà almeno evitare di scegliere i tempi sbagliati, come ha fatto nel 2017 l’Austria con l’emissione del bond secolare settembre 2117 e cedola 2,10% (ISIN: AT0000A1XML2).

Il bond dell’Austria ha reso il 20% in 5 settimane

Allora, Vienna pensava di avere fatto un affare, pagando un interesse irrisorio per ottenere dal mercato capitali per ben 100 anni. Non avrebbe potuto immaginare, però, che meno di due anni dopo, il prezzo di quello stesso bond sarebbe esploso a quasi 210, offrendo così sul secondario un rendimento di circa lo 0,47%. Al momento, si attesta in area 0,82%, comunque meno dell’emissione della tranche a giugno, costata l’1,17%. In altre parole, il Tesoro dovrà fare attenzione che i Treasuries abbiano perlopiù realizzato il massimo dei guadagni e che i rendimenti non siano destinati a scendere ulteriormente e in misura imponente, altrimenti li bloccherebbe per mezzo secolo su livelli maggiori. Come se contraessi un mutuo a 30 anni al 2%, pensando che la banca non offrirà di meglio, salvo scoprire che dopo qualche mese la stessa banca lo conceda all’1%.

E l’America ha ancora parecchi margini per assistere a una discesa dei suoi rendimenti sovrani, pur al netto delle previsioni sul cambio del dollaro tendenzialmente sfavorevoli ai Treasuries, in questa fase. La Fed tiene i tassi su livelli molto più alti di quelli delle altre principali banche centrali e non esiste un solo bond governativo negli USA a rendere anche solo lontanamente vicino allo zero, figuriamoci negativamente.

Ma non sappiamo se e in quali tempi l’America seguirà la rotta tracciata da Europa e Giappone. Se così fosse, sarebbe poco saggio emettere scadenze lunghe in questi mesi, perché Washington rischia di pentirsi in futuro, a meno di non scommettere su cedole alte rispetto al rendimento, in grado di attirare capitali, incassando molta più liquidità del maggiore debito nominale emesso con le successive tranche, abbattendo per tale via le esigenze future di rifinanziamento.

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