Il 2021 che sta per concludersi è stato un anno negativo per il mercato obbligazionario, ma pare che anche il 2022 non deponga a suo favore. Durante la pandemia, abbiamo assistito al crollo dei rendimenti sovrani e corporate sulla fuga degli investitori dagli asset più rischiosi e grazie particolarmente al sostegno offerto loro dalle banche centrali. Con le avvisaglie di un ritorno alla normalità, il clima è mutato e nei portafogli istituzionali si è registrata una riduzione delle detenzioni di bond.

Tra colli di bottiglia e ripresa della domanda più veloce dell’offerta, anche per effetto dei generosi sussidi statali, l’inflazione si è riaffacciata nel mondo avanzato dopo oltre un decennio di assenza.

In generale, quindi, il mercato obbligazionario nel 2022 sarà gravato da tre fattori chiave negativi. Il primo riguarda proprio l’aumento dell’inflazione, una minaccia per il mercato a reddito fisso. Le cedole dovranno necessariamente salire per i titoli di nuova emissione, così come i prezzi dovranno scendere per quelli già emessi e negoziati sul secondario.

Mercato obbligazionario giù con le banche centrali

E proprio per il ritorno dell’inflazione, tutte le principali banche centrali stanno tagliando gli acquisti di bond. La Federal Reserve li ridurrà di 30 miliardi di dollari al mese, cessandoli del tutto entro marzo. La Banca d’Inghilterra con questo mese pone fine al piano di 895 miliardi di sterline. E quando i tassi d’interesse saliranno allo 0,5%, smetterà di rinnovare le scadenze, mentre quando saliranno all’1% inizierà a venderle. Infine, la BCE: fine del PEPP da 1.850 miliardi di euro a marzo e potenziamento decrescente del “quantitative easing”. In totale, verranno meno acquisti per 2.000 miliardi di dollari in un anno.

Terzo fattore: le ampie emissioni nette di debito da parte dei governi. Nell’Eurozona, il paese peggio messo da questo punto di vista sarebbe la Francia con 120 miliardi di euro che dovranno essere finanziati sul mercato obbligazionario dai privati.

L’Italia se la caverebbe con meno della metà. In ogni caso, la pressione sui prezzi ci sarà un po’ ovunque, per cui i rendimenti saliranno. E dovrebbe accadere persino in Germania, dove tra sostegni fiscali contro la pandemia e nuova politica del governo rosso-giallo-verde i Bund non scarseggerebbero più sui mercati. In un certo senso, ciò frenerà l’ampliamento degli spread.

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