Era un appuntamento molto atteso, forse anche troppo, sui mercati finanziari. Venerdì 19 maggio, Moody’s avrebbe dovuto aggiornare il suo giudizio sui titoli di stato italiani. Un momento molto temuto, dopo che alla fine di aprile l’agenzia statunitense aveva esternato il possibile declassamento del nostro rating sovrano a “non investment grade” o anche noto come “spazzatura” (“junk”). Tra bassa crescita del PIL atteso e aumento dei costi di emissione per effetto del rialzo dei tassi d’interesse da parte della Banca Centrale Europea (BCE), notava come la sostenibilità del debito pubblico rischi di venire meno.

E il punto è che già Moody’s assegna ai titoli di stato dell’Italia il rating più basso tra le principali agenzie internazionali di valutazione: Baa3 con outlook negativo, praticamente l’ultimo gradino dell’area “investment grade”. Un’eventuale bocciatura ci farebbe perdere lo status di emittente relativamente sicuro.

Mancato aggiornamento rating Moody’s

Venerdì sera, a borse chiuse sarebbe dovuto arrivare l’aggiornamento del rating. Passano le ore e nessuna notizia, fino a quando l’agenzia fa sapere di avere rinviato il giudizio sui titoli di stato italiani, così come su quelli emessi da Malta e i bond della città di Zagabria. Non esistono né una data per il prossimo appuntamento e né una spiegazione sul mancato aggiornamento dei tre rating.

A questo punto, c’è chi ha scritto che per l’Italia si tratti di “pericolo scampato”. E’ davvero così? A nostro modesto parere, la mossa di Moody’s ha pro e contro. Possiamo leggerla come il tentativo di non dare seguito alla minaccia ventilata poche settimane fa. L’agenzia avrebbe dovuto tenere fede alle proprie premesse e declassare i titoli di stato italiani a “junk”. Sarebbe stato un atto grave, con implicazioni severissime non solo per l’Italia, bensì per l’insieme dei mercati finanziari.

Avrebbe scatenato una possibile tempesta mentre gli Stati Uniti rischiano il default tecnico e l’Eurozona è alle prese con la stretta monetaria per arrestare l’inflazione.

Titoli di stato sotto osservazione, pro e contro

Dunque, il rinvio dell’aggiornamento del rating può essere letto in chiave positiva per i titoli di stato italiani. Se Moody’s volesse esprimersi in autunno, per quell’ora la BCE avrà completato l’aumento dei tassi d’interesse e il peggio sarebbe passato per l’Italia. A quel punto, le prospettive si farebbero migliori sul fronte dei costi di emissione e della crescita economica e l’agenzia potrebbe giustificare il mancato declassamento.

D’altra parte, che una delle principali agenzie di rating abbia evitato di declassare i nostri titoli di stato a “spazzatura” ricorrendo ad un escamotage, non è da considerarsi qualcosa di positivo per la credibilità del debito pubblico. Possiamo anche affermare che Moody’s voglia tenerci sulle spine e ciò limiterebbe gli interventi del governo Meloni sul piano fiscale a sostegno della ripresa dell’economia italiana. Abbiamo un fucile puntato e una possibile esecuzione rinviata. Serve massima prudenza per non illudersi che abbiamo realmente scampato il pericolo di un declassamento in maniera definitiva.

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