Telecom Italia e Buzzi Unicem sono finite nel mirino delle agenzie di rating. Nonostante la credibilità degli analisti americani sia ormai ai minimi storici per le note vicende che hanno riguardato anche il debito pubblico italiano e per le quali sono state avviate delle inchieste ipotizzando, fra le altre cose, l’insider trading, dietro alle loro valutazioni si muovono sempre grossi capitali. Così oggi Moody’s ha messo sotto osservazione con possibili implicazioni negative il rating di Telecom Italia (Baa3), mentre Standard & Poor’s quello di Buzzi Unicem (BB+) e della sua controllata tedesca Dyckerhoff.

La molla è scattata dopo la pubblicazione dei risultati trimestrali che hanno evidenziato elementi tali da fare alzare il profilo di rischio del credito delle due società, presenti entrambe sul mercato con importanti emissioni obbligazionarie. Ma se per Buzzi Unicem si tratterebbe, nel caso peggiore di ottenere un voto negativo di un gradino, per Telecom Italia il rischio è quello di finire a livello “junk”, cioè spazzatura. A quel punto i grossi fondi d’investimento internazionali che hanno in portafoglio il debito del colosso telefonico, comincerebbero a vendere di gran carriera non potendo, per statuto o regolamento, detenere titoli “non investment grade”. Questo vale in particolare per le compagnie assicurative e per i fondi pensione e, in misura minore, per gli altri fondi obbligazionari che in genere promettono ai lor clienti rendimenti contenuti ma sicuri. Ma vediamo in dettaglio la situazione per le due società.

 

Telecom Italia, necessario un aumento di capitale per non diventare “junk”

 

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Dopo la recente stangata di Fitch su Telecom Italia, Moody’s ha messo sotto osservazione il colosso telefonico per un possibile downgrade, avanzando dubbi sulla raggiungibilità dei target finanziari 2013 e affermando che un declassamento sarebbe scongiurato solo con un rapporto debito netto aggiustato su Ebitda stabilmente sotto quota 2,8.

A fine tale rapporto era 2,43, ma dopo i risultati negativi del secondo trimestre del 2013, il leverage potrebbe risultarne condizionato da qui a fine anno. In particolare – spiega Carlos Winzer, analista per Telecom Italia di Moody’s – la decisione è legata al “deterioramento dei ricavi domestici e dell’Ebitda in seguito al peggioramento dell’economia, all’elevata disoccupazione, agli avversi effetti regolatori e alla più intensa concorrenza in Italia”. Come risultato della situazione evidenziata dai conti del secondo trimestre – prosegue Winzer – “é probabile che Telecom Italia faccia fatica per raggiungere l’obiettivo sulla posizione finanziaria netta reported sotto 27 miliardi entro fine anno”. La nota Moody’s non cita solo le difficoltà sul mercato interno, ma anche le attese di tassi di crescita più contenuti per la controllata brasiliana Tim Brasil, che potrebbero mettere in dubbio la capacità di Telecom Italia di raggiungere gli obiettivi finanziari. Il messaggio di Moddy’s è abbastanza chiaro e suggerisce ai vertici di Telecom Italia di varare entro l’anno un aumento di capitale da 1,5-2 miliardi di euro per sostenere i conti del gruppo, come da rumors di borsa circolati nei giorni scorsi, poi smentiti dal presidente Franco Bernabé. Una probabilità che molti analisti, a cominciare da Riccardo Bernasconi di Credit Suisse, appare ormai inevitabile a meno che non si consenta l’ingresso di un socio forte nel gruppo (per ora rifiutato) o si venda Tim Brasil che opera ormai in un mercato abbastanza saturo, o Telecom Argentina i cui utili faticano ad arrivare alla capogruppo per colpa di leggi nazionali. In più, osserva Bernasconi, a monte persiste la cocciutaggine dei soci Telco, che controllano Telecom Italia, a far distribuire dividendi in un momento in cui tutte le attività del gruppo sono in calo da anni. Intanto sul fronte obbligazionario, il bond Telecom Italia Fiannce 7,75% 2033 (Isin XS0161100515), vero e proprio termometro indicatore dello stato di salute del gruppo telefonico, continua a rimanere sotto pressione offrendo un rendimento vicino al 7,50%, dopo aver perso in tre mesi circa il 12% (vedi grafico).

 

Buzzi Unicem, S&P pronta a tagliare il rating a BB

 

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Per quanto riguarda invece Buzzi Unicem, Standard & Poor’s ha annunciato di aver posto il giudizio “BB+” assegnato alla società e alla controllata Dyckerhoff in creditwatch con implicazioni negative. “I risultati annunciati da Buzzi Unicem e Dyckerhoff -si apprende dagli analisti americani – sono risultati deboli dopo la pubblicazione della semestrale e riteniamo che le metriche creditizie del gruppo nel 2013-2014 si confermeranno sotto le nostre soglie di giudizio”. Più in dettaglio, gli analisti spiegano che il negative creditwatch è conseguenza dei risultati del primo semestre 2013 che sono stati inferiori alle attese in alcuni mercati chiave, come Messico ed Europa Orientale. Pertanto, la società cementifera rischia di passare in BB se le aspettative sui parametri di credito dovessero peggiorare. Buzzi Unicem ha chiuso il primo semestre del 2013 con ricavi per 1,27 miliardi (-5,7%), mol in ribasso del 24,8% a 150,71 milioni e una perdita netta di 37,34 milioni di euro, rispetto all’utile di 3,6 milioni dei primi sei mesi del 2012. Il management, contestualmente alla presentazione dei dati semestrali, aveva comunicato di non essere in grado di centrare i target annunciati in precedenza al mercato e aveva previsto, per l’esercizio 2013, un margine operativo lordo ricorrente tra il 5% ed il 10% inferiore al 2012. A piazza affari il titolo azionario ha cominciato a perdere terreno (vedi grafico), mentre il rendimento dei bond da 400 milioni 5,125% 2016 (Isin XS0472205300) sembra non risentire delle preoccupazioni degli analisti e al momento rende intorno al 3,50% lordo a scadenza. Così come il titolo da 350 milioni con scadenza 2018 e coupon del 6,25% (Isin XS0835273235) che rende il 5,50% a scadenza.