La seduta odierna è iniziata positivamente per il mercato obbligazionario. In mattinata, lo spread decennale è sceso sotto 185 punti base e i rendimenti dei BTp a 10 anni sono scesi in area 4,35%. Erano arrivati al 4,40% venerdì scorso. L’intonazione leggermente favorevole ai bond è conseguenza di quanto accaduto negli Stati Uniti nel fine settimana. Lo speaker della Camera e la Casa Bianca hanno trovato un accordo per aumentare il tetto del debito di 4.000 miliardi di dollari per un tempo necessario stimato in due anni.

Se ratificato dal Congresso, eviterebbe il default a partire dal 5 giugno. In caso contrario, il Tesoro rimarrebbe senza risorse sufficienti per onorare i propri impegni.

Nelle settimane passate, lo scenario del default aveva sostenuto gli acquisti di safe asset come T-bond e oro. In queste ore, il metallo è sceso ad una quotazione di poco superiore ai 1.940 dollari per oncia, ai minimi da due mesi e mezzo. Sta accadendo, cioè, che i capitali stiano tornando ad affluire verso i titoli finanziari percepiti un po’ più rischiosi. Ciò sta riducendo i rendimenti dei BTp, dato che i nostri titoli di stato sono avvertiti a rischio. Viceversa, dovremmo assistere a una minore domanda di asset come i Bund della Germania.

Spread e rendimenti BTp in calo, forse per poco

Non è detto che questo clima favorevole duri a lungo. In primis, l’accordo è tutt’altro che al sicuro. I Repubblicani al Congresso si starebbero in parte rivoltando contro. Siamo in un anno pre-elettorale e le tensioni politiche a Washington stanno montando. D’altra parte, se fosse accolto dal Congresso, la maggiore propensione al rischio degli investitori favorirebbe non solo e non tanto un riposizionamento all’interno dell’obbligazionario, ma a favore di altre asset class come le azioni. Ceteris paribus, i rendimenti dei BTp tornerebbero a salire.

La verità è che nelle prossime settimane il destino dei nostri bond sui mercati sarà legato alla Banca Centrale Europea (BCE).

La riunione del 15 giugno esiterà quasi certamente un altro aumento dei tassi d’interesse per lo 0,25%. Resta da scoprire se l’istituto si leghi le mani per il successivo incontro di fine luglio. Crescono le probabilità di un’ulteriore stretta monetaria per quell’appuntamento, nonché per settembre. L’inflazione nell’Area Euro resta elevata e quella di fondo ha solo iniziato ad arretrare lievissimamente. Improbabile, spiega un super “falco” come il tedesco Joachim Nagel, che da qui all’estate gli indicatori segnino una netta inversione di tendenza. Tassi attesi più alti accrescono i rendimenti dei BTp sul tratto breve, in particolare, ma finiscono per far lievitare l’intera curva per la percezione di un maggiore rischio di credito a carico del debito pubblico italiano.

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