Ieri, il Tesoro ha collocato sul mercato nuove tranche di titoli di stato già in circolazione, raccogliendo complessivamente 3,75 miliardi di euro. Gli ordini hanno ammontato a 5,69 miliardi. Nel dettaglio, in offerta vi erano:

  • BTp short term, scadenza 30 maggio 2024 e cedola 1,75% (ISIN: IT0005499311), terza tranche;
  • BTp€i, scadenza 15 maggio 2033 e cedola reale 0,10% (ISIN: IT0005482944), sesta tranche;
  • BTp€i, scadenza 15 settembre 2041 e cedola reale 2,55% (ISIN: IT0004545890), 38-esima tranche.

Ecco i risultati dell’asta: il BTp short term ha esitato un rendimento in rialzo di 8 punti base rispetto al collocamento precedente, pari a 1,71%.

L’importo offerto è stato di 2,5 miliardi, a fronte di una domanda per 4,43 miliardi. Il BTp€i 2033 ha offerto un rendimento di 1,37%, in netto rialzo dello 0,51%. La tranche in emissione è stata di 750 milioni. Altri 500 milioni sono stati incassati tramite l’altro BTp€i, con scadenza nel 2041 (ex trentennale): rendimento a 1,45%.

Il BTp short term è chiaramente adatto a quei risparmiatori che non volessero privarsi a lungo della loro liquidità. Per tale caratteristica, abbiamo più volte scritto che si mostra una buona alternativa al conto deposito. In questi mesi, pur a fronte di un drastico rialzo dei tassi di mercato, le banche continuano ad offrire interessi prossimi allo zero sulle giacenze vincolate.

Risultati asta, il segnale dai BTp€i

Discorso diverso, invece, per i BTp€i. Essi sono titoli di stato indicizzati al tasso d’inflazione dell’Eurozona. Proteggono dalla perdita del potere di acquisto, ma allo stesso tempo si rivelano strumenti interessanti per speculare sia sull’inflazione in sé, sia sull’eventuale differenziale tra maggiore inflazione nell’Eurozona e quella italiana. Poiché il BTp 2033 con cedola fissa attualmente offre un rendimento lordo annuo in area 3,40%, l’inflazione attesa nell’area per il prossimo decennio si attesta a 1,70%. Per tassi d’inflazione più elevati, l’investitore avrà effettuato un investimento più proficuo di quanti abbiano optato per impiegare il capitale sui titoli con cedola fissa.

Viceversa, qualora l’inflazione si rivelasse inferiore all’1,70% per la media del decennio.

Inoltre, se l’inflazione italiana risultasse inferiore a 1,70%, l’obbligazionista si vedrebbe indicizzato il bond a un tasso più alto, più che recuperando la perdita del potere di acquisto. Infine, il BTp€i 2041 sconta un’inflazione attesa da qui a quasi i prossimi venti anni di poco superiore al 2%. Anche in questo caso, valgono le considerazioni appena svolte per l’altro bond indicizzato.

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