Il Tesoro è tornato ieri a rifinanziarsi sui mercati con l’emissione di due nuove tranche all’asta di BTp a medio-breve scadenza. Ha così incassato 2,75 miliardi di euro, attirando ordini per quasi 5 miliardi e mezzo. La solida domanda ha consentito ai titoli di spuntare prezzi un po’ superiori alle previsioni. In offerta vi erano due bond: il BTp short term 30 maggio 2024 (ISIN: IT0005499311) e il BTp 30 novembre 2024 (ISIN: IT0005282527).

Il primo stacca cedola lorda annua di 1,75% ed è stato prezzato in asta a 98,57 centesimi, offrendo così un rendimento del 2,75%.

Alla precedente asta di fine ottobre, il rendimento esitato era stato di 2,879% e a settembre aveva raggiunto l’apice di 3,271%. La discesa è avvenuta grazie ai quasi 2,6 miliardi di euro di richieste contro gli 1,25 miliardi offerti. Il rapporto di copertura è stato, quindi, di 2,07.

Quanto al secondo bond, la cedola lorda annua è di 1,45%. A fronte di richieste per 2,87 miliardi, l’importo offerto è stato di 1,5 miliardi. Rapporto di copertura a 1,92. Il prezzo di aggiudicazione è stato fissato a 97,95 centesimi, corrispondente a un rendimento del 2,54%.

Asta BTp, rendimenti in calo

L’asta di BTp a medio-breve termine ha lanciato un segnale positivo per il mercato dei titoli di stato italiani. In particolare, il calo anche stavolta del rendimento del BTp short term ha confermato il buon momento per i nostri bond. I rendimenti sono in calo da qualche settimana e lo spread a 10 anni ieri è sceso sotto 185 punti, valore minimo dal maggio scorso. Il BTp decennale si colloca ormai tra 3,65% e 3,70%. Era arrivato al 4,90% nel mese di ottobre.

Le ultime aste del 2022 saranno di importo limitato, come sempre avviene in questa fase finale dell’anno. Il 2023 sarà, invece, impegnativo. L’Ufficio parlamentare di bilancio ha stimato emissioni nette per 42 miliardi di euro, in aumento dai 37 miliardi di quest’anno. Per emissioni nette s’intende quelle a medio-lunga scadenza non coperte dai riacquisti attesi del mercato e della BCE.

Quest’ultima dovrebbe dare il via nei prossimi mesi al “quantitative tightening”, vale a dire ai mancati riacquisti dei bond in portafoglio con il “quantitative easing”.

Ci sarà minore domanda di bond sovrani sul mercato europeo nei prossimi trimestri. A quel punto, i rendimenti si stabilizzerebbero o continuerebbero a scendere solo nel caso in cui crescesse l’interesse degli investitori privati. Molto dipenderà dall’andamento dei T-bond. Se i loro rendimenti scendessero ulteriormente, l’appeal fuori dagli USA svanirebbe, anche perché il dollaro è atteso in indebolimento nei prossimi anni. A quel punto, Bund, Oat, BTp e Bonos tornerebbero ad attirare l’attenzione del mercato mondiale, specie a ridosso di un eventuale taglio dei tassi BCE.

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