La scorsa settimana, il presidente dello stato di El Salvador, Nayib Bukele, ha annunciato l’emissione entro due mesi del primo bond “vulcano” legato ai Bitcoin e parzialmente finalizzato al finanziamento della costruzione di Bitcoin City, un’area destinata al business. Il titolo avrà durata di 10 anni e staccherà una cedola annuale del 6,50%. La metà del ricavato sarà utilizzata per acquistare Bitcoin, i quali saranno mantenuti in portafoglio per i primi 5 anni, successivamente ai quali avverrà la loro rivendita. Le relative (eventuali) plusvalenze saranno girate agli obbligazionisti.

Qual è il rapporto benefici/rischi del bond “vulcano”? Sul piano teorico, i titoli del debito di El Salvador sono molto rischiosi. I loro rating sono B- per S&P e Fitch, Caa1 per Moody’s. Essi sono classificati, quindi, come “spazzatura”, nel senso che le probabilità di default appaiono piuttosto elevate. Proprio per questo, il bond in dollari a 10 anni offriva prima dell’annuncio un rendimento del 15%. Dopodiché, ha risentito negativamente della notizia ed è salito al 16,5%.

Il rendimento del bond “vulcano”

Ma il bond “vulcano” offre una cedola molto più bassa, cioè del 6,5%. E’ evidente che l’investimento si rivelerebbe almeno non in perdita, qualora l’obbligazionista alla scadenza riuscisse a percepire lo stesso rendimento che avrebbe incassato acquistando il bond ordinario di pari durata. Dunque, mancano all’appello 8-9 punti percentuali. Dovrebbero arrivare dalla rivendita dei Bitcoin a prezzi più alti di quelli di acquisto. Venerdì scorso, questi era scesi fin sotto 55.000 dollari. Affinché il titolo alla scadenza esiti un rendimento complessivo del 15-16%, le quotazioni dovrebbero salire in area 165-180.000 dollari entro 5 anni, chiaramente sempre che queste rimangano ai prezzi attuali fino al giorno dell’emissione del bond.

Secondo Blockstream, tuttavia, da qui a 5 anni Bitcoin salirà a 1 milione di dollari. In quel caso, il rendimento del bond “vulcano” salirebbe a circa il 25% all’anno.

Sarebbe un tasso enorme, anche considerato il rischio di credito. C’è chi sospetta che Bukele stia giocando con la tipologia del titolo proprio per ingolosire il mercato e riuscire a indebitarsi a tassi molto più bassi. Questa strategia potrebbe rivelarsi vincente per lo stato e gli obbligazionisti o solamente per il primo. Tutto dipenderà da due fattori: l’evoluzione futura dei Bitcoin sul mercato e la capacità di El Salvador di restituire ai creditori il capitale ottenuto in prestito.

Da questo punto di vista, l’azzardo esiste. Bukele ha intenzione di emettere in tutto 10 miliardi di dollari di bond “vulcano”, qualcosa come il 40% dell’attuale PIL. Metà della raccolta andrebbe a finanziare la costruzione di Bitcoin City, l’altra metà l’acquisto di “criptovaluta”. E se i prezzi di quest’ultima scendessero, anziché salire? E se la stessa scommessa su Bitcoin City non funzionasse? E se l’economia domestica si avvitasse? Quindi, da un lato un rendimento potenzialmente elevatissimo, dall’altro il rischio di perdere interessi e capitale. In un certo senso, ci si esporrà ai Bitcoin senza possederli fisicamente. I prezzi del bond “vulcano” varieranno sulla base dell’andamento della “criptovaluta” sottostante, mostrandosi con ogni probabilità volatilissimi, ai danni anche di chi vorrebbe rivenderli sul secondario.

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