Il giorno successivo al board della BCE, i rendimenti nell’Eurozona scendono bruscamente. Malgrado il rialzo dei tassi d’interesse doppio rispetto alle previsioni, il mercato è tornato a comprare bond in queste ore. E non c’entra l’esito della riunione a Francoforte, quanto la pubblicazione di alcuni dati macro. A luglio, l’indice manifatturiero in Francia è sceso da 51,4 a 49,6 punti, ai minimi da 20 mesi. In Germania, è passato da 52 a 49,2 punti, stesso livello dei servizi, scesi da 52,4 punti. L’indice composito si è contratto da 51,3 a 48 punti, dato minimo da 25 mesi.

Ricordiamo che sotto i 50 punti l’attività economica va in recessione, mentre sopra 50 si espande.

Rendimenti Eurozona giù

Il Bund a 10 anni è sceso stamane da un rendimento dell’1,22% in chiusura di ieri a 1,06%. La scadenza a 2 anni è crollata da 0,66% a 0,44%. E anche il BTp a 10 anni è sceso di rendimento da 3,65% a 3,44%. E così, lo spread si mantiene sotto quota 240 punti base, pur restando ai massimi da settimane.

Sale il rischio recessione

La discesa dei rendimenti nell’Eurozona riflette l’aumentato timore dei mercati per il rischio recessione dell’economia. Non a caso, anche il cambio euro-dollaro è sceso in area 1,0160. In altre parole, gli investitori starebbero scontando uno scenario più negativo per l’area, tale da indurre la BCE a rallentare i ritmi della stretta monetaria appena avviata. Con un rendimento a 2 anni sotto lo 0,50%, nei fatti il mercato starebbe scommettendo su un altro rialzo dei tassi nell’ordine di mezzo punto percentuale, ma probabilmente nulla di più.

Eppure il governatore Christine Lagarde ieri non ha intravisto rischi imminenti di recessione. Allo stesso tempo, ha fatto presente che, d’ora in avanti, l’istituto procederà sui tassi riunione dopo riunione. Ha abbandonato dopo anni il “forward guidance”, peraltro violata proprio con l’aumento superiore a quello pre-annunciato a giugno dello 0,25%.

I rendimenti nell’Eurozona probabilmente resteranno senza direzione certa fino a quando il rischio recessione nell’area non sarà stato definitivamente allontanato o conclamato.

Lo scenario peggiore e più incerto consisterebbe in un’economia in ripiegamento, accompagnata da un’inflazione in ulteriore risalita. A quel punto, la BCE si vedrebbe costretta ad alzare i tassi velocemente anche a settembre e ai board successivi, ma ciò impatterebbe negativamente sulle stesse prospettive di crescita del PIL prima ancora che arrivi il lungo inverno “russo”.

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