La curva delle scadenze in Germania è tornata interamente negativa dal 24 febbraio scorso, con l’intensificarsi delle preoccupazioni internazionali sull’emergenza Coronavirus. E i Bund stanno andando a ruba, dato che i capitali di tutto il mondo si stanno spostando alla ricerca di assets sicuri. Oggi, le borse crollano e Piazza Affari perde oltre il 3%, mentre lo spread vola sopra i 190 punti base. Nel frattempo, il franco svizzero si rafforza contro l’euro ai massimi da quasi 5 anni, scambiando sotto 1,06, il Treasury a 10 anni scende ai nuovi minimi storici dello 0,706% e il Bund sulla medesima scadenza è arrivato a offrire il -0,72%, superando il record di fine agosto scorso.

Il panico fa bene ai bond lunghissimi: rialzi stratosferici e rendimenti a picco

E il trentennale tedesco viaggia in area -0,30%, cosa che implica la perdita del 9% del capitale investito al 2050. Il Bund agosto 2050, emesso senza cedola per la prima volta nella storia tedesca per una durata così lunga nell’estate scorsa, mostra un prezzo di 109, cioè non solo non eroga alcun tasso d’interesse all’obbligazionista che lo compra, ma a questi costa oltre l’8% in più del valore nominale. Chiamatela follia, perché in fondo lo è, ma l’unica certezza che emerge da questi numeri è che il governo tedesco dovrebbe festeggiare con fiumi di birra.

I conti pubblici della Germania sono in attivo sin dal 2014 e buona parte del successo lo si deve anche al calo della spesa per interessi sul debito, verificatosi in tutto il mondo avanzato. Per quest’anno, la sua incidenza sul pil è stimata allo 0,4%, ma le previsioni non hanno tenuto conto dell’ulteriore crollo a cui sarebbero andati incontro i rendimenti sovrani tedeschi. In definitiva, Berlino sta quasi riuscendo ad azzerare il costo del suo debito, un’operazione proibitiva solo a pensarla nel resto del mondo. Se questo trend dovesse proseguire per i prossimi anni, con questi numeri i conti pubblici beneficerebbero delle emissioni di Bund, in quanto consentirebbero allo stesso di incassare un buon 0,8% del loro valore nominale.

E’ il gioco degli interessi negativi, un paradosso del pensiero, per cui chi presta denaro paga il debitore, che finisce per guadagnarci.

Buon segnale per le borse?

Certo, quanto sta avvenendo negli USA per velocità appare ancora più eclatante, pur restando i numeri molto più sensati. Il Treasury a 10 anni ha perso circa lo 0,90% di rendimento annuo in appena un mese, crollando all’attuale 0,77%. Quello a 2 anni è arretrato dello 0,97% allo 0,47% e il trentennale è passato dal 2,12% all’1,36%, segnando anch’esso un nuovo minimo storico.

Il collasso dei rendimenti “benchmark” da un lato segnalano il panico sui mercati, dall’altro costituiscono la premessa per una ripartenza del mercato azionario. Ora che i bond sono diventati troppo cari e offrono rendimenti inesistenti, le azioni diventano più appetibili, al netto dei timori sugli utili delle società, che saranno certamente colpiti dalla semi-paralisi economica mondiale provocata dal Coronavirus. Certo, la ripresa non è detto che sia vicina. Il rapporto prezzo/utili a Wall Street mediamente si aggira a 23, molto sopra la media storica di 15. Se dovesse tendere a quest’ultima, la borsa americana crollerebbe di un altro 30% abbondante, trascinando con sé il resto del mondo. E nel frattempo, i rendimenti obbligazionari chissà in quali abissi sprofonderebbero.

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