E’ un buon periodo per coloro che volessero investire nei titoli del debito pubblico. Dopo anni a commiserare anche solo rendimenti dei BTp sopra lo zero, stanno arrivando grosse soddisfazioni nel giro di pochi mesi. Il decennale offre ormai tra il 4,5% e il 5%. Già con la scadenza dei 7 anni si strappa un buon 4% e basta puntare sui 3 anni per ottenere oltre il 3%. Il Rendistato della Banca d’Italia conferma la fase eccezionale che stiamo vivendo. Si tratta di un documento, che ogni mese ci permette di conoscere il rendimento medio ponderato dei titoli di stato sul mercato secondario.

Ebbene, siamo passati dal già elevato 2,57% di agosto al 3,45% di settembre. Una crescita dello 0,88%, che riporta i rendimenti BTp ai livelli più alti dal settembre 2013, cioè da 9 anni esatti.

Boom per rendimenti BTp

Considerato che al 30 settembre risultavano in circolazione titoli di stato per 2.300 miliardi di euro della durata media ponderata di 7 anni, significa che da qui al 2029, se i rendimenti BTp e il debito pubblico restassero invariati, la spesa per interessi dell’Italia salirebbe a quasi 80 miliardi di euro all’anno (79,4 miliardi) dai quasi 63 del 2021. Ai contribuenti sarebbe presentato un conto più salato di oltre 20 miliardi rispetto a solamente un mese prima.

Nella realtà, il costo del debito varia moltissimo negli anni, a seconda delle condizioni finanziarie globali. E c’è anche da dire che, con il PIL nominale a salire anch’esso per effetto dell’inflazione e della crescita dell’economia, il rapporto tra spesa per interessi e PIL resterebbe sostanzialmente invariato rispetto ai livelli del 2021. Tuttavia, il dato di settembre non va minimizzato. Anzitutto, perché lo stock del debito pubblico tende ormai a crescere in misura imponente di anno in anno. E ciò significa che, in futuro, pagheremo interessi più alti su un debito a sua volta più alto.

Emissioni debito pubblico ancora sottocosto

Inoltre, i rendimenti BTp dipendono non solo dalle condizioni monetarie, bensì dal rischio sovrano percepito sui mercati finanziari.

Da oltre un decennio, quest’ultimo è decisamente salito, riflettendosi in spread elevati. E la stessa restrizione delle condizioni monetarie, con tassi d’interesse in rialzo e liquidità in calo, spinge gli investitori a scontare un rischio sovrano per l’Italia più elevato. A sua volta, questo determina rendimenti BTp in salita e una maggiore spesa per interessi. Come in un circolo vizioso, tutto ciò finisce per accrescere la massa debitoria, rischiando di avverare la profezia.

C’è da dire anche, però, che nei primi nove mesi del 2022 il costo medio di emissione del debito pubblico italiano è sì salito dallo 0,10% del 2021 all’1,31%, ma restando nettamente inferiore ai livelli indicati nel Rendistato. In ogni caso, poi, con un’inflazione acquisita al 30 settembre del 7,1%, i rendimenti BTp in termini reali restano decisamente negativi, al -3,65% sul mercato secondario durante il mese scorso. Stiamo continuando a indebitarci sottocosto.

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