E’ il giorno del giudizio oggi per Italia e Portogallo. Stasera, a mercati chiusi, le agenzie Moody’s e Standard & Poor’s aggiorneranno i rispettivi rating sovrani sull’uno e l’altro stato. E le aspettative sono diverse tra Roma e Lisbona. La seconda crede e spera in un “upgrade” dal suo attuale “BBB-” con outlook “positivo”, mentre la prima sarebbe felice se non subisse un secondo declassamento dopo quello di ottobre a “Baa3” con outlook “stabile”. Va detto che in questi ultimi 5 mesi, le prospettive economiche per l’Italia si sono deteriorate e Moody’s ha tagliato le stime di crescita per quest’anno al +0,5%, superiori al +0,2% atteso dalla Commissione UE.

Un declassamento sarebbe devastante per i BTp, visto che attualmente vengono giudicati appena sufficienti per restare tra i titoli “investment grade”. Più generoso il rating delle altre due agenzie, con S&P e Fitch ad assegnarci rispettivamente “BBB” con outlook “negativo” e “Baa3” con outlook “stabile”, in entrambi i casi due gradini sopra il livello “junk” o “spazzatura”.

Rating BTp, Fitch e l’impatto possibile sui nostri titoli 

Cosa potrebbe accadere stasera all’Italia? Per quanto il clima economico sia negativo, difficile che Moody’s declassi i BTp a “Ba1”, cosa che ci scaraventerebbe tra gli emittenti speculativi, con conseguenze molto gravi per la tenuta dei bond sul mercato. Più facile che decida o di mantenere le prospettive “stabili”, pur avvertendo che negli ultimi mesi la situazione si sarebbe fatta più pesante per la nostra economia, oppure che tagli proprio l'”outlook” a “negativo”, lasciando intravedere una possibile revisione al ribasso anche per il rating nei prossimi mesi. Questa seconda opzione appare molto probabile e sarebbe anch’essa dolorosa per i BTp, in quanto li esporrebbe a un possibile “sell-off” sui mercati, ad opera di quegli investitori istituzionali che temerebbero di non poterli più tenere in portafoglio nel caso di declassamento a “spazzatura”.

Rendimenti BTp e rating

Del resto, basti vedere a quali livelli si trovino i nostri rendimenti sovrani. Il decennale viaggia al 2,50%, secondo più alto nell’Eurozona dopo la Grecia. E cosa ancora più allarmante, dai bond di Atene ci separa ormai uno spread di appena 110-130 punti, lo stesso che ci divide dai Bonos, come dire che l’Italia sarebbe percepita a metà strada, non solo geograficamente, tra Spagna e Grecia. E che dire delle distanze che ci separano persino dal Portogallo? I decennali emessi da Lisbona rendono solo poco più dell’1,30%, ai minimi storici in valore assoluto e anche in relazione ai titoli spagnoli. Due anni fa, stavano sopra il 4%. E contrariamente ai titoli italiani, che rendono sopra lo zero già dai 9 mesi, offrono rendimenti negativi fino a scadenze di 3 anni. La rimonta è dovuta alla buona performance di crescita dell’economia lusitana, che ha cancellato la macchia del “bailout” di meno di 8 anni fa, superando la crisi. E i conti pubblici nel frattempo sono nettamente migliorati, con un deficit ai minimi dalla fine della dittatura di Salazar e un avanzo primario al 2,7% nel 2018, superiore a quello dell’Italia dell’1%.

Probabile, ma non scontato, che S&P promuova i bond del Portogallo, valutati “Baa3” con “outlook” stabile da Moody’s e “BBB” con “outlook” positivo da Moody’s. Il fatto è che la promozione sarebbe stata già incorporata negli attuali rendimenti e nel caso in cui non arrivasse e magari fosse rinviata, questi potrebbero risalire, pur moderatamente. Certo, fa pensare che nemmeno il trentennale portoghese offra quanto il nostro decennale. E dire che parliamo di titoli declassati a “spazzatura” fino a 18 mesi fa, quando tutte e tre le principali agenzie li valutavano “non investment grade”, ossia “BB+/BB+/Ba1”.

Da allora, però, iniziò a promuoverli proprio S&P, l’agenzia che stasera potrebbe togliere il segno meno o, addirittura, assegnare quello più. Uno smacco per l’Italia, che pur appartenendo alla stessa categoria di rating, sta scendendo la scala delle valutazioni, trovandosi di fronte un Portogallo che le sale. Il percorso inverso compiuto dai rispettivi rendimenti sta a confermarlo.

Rating e debiti sovrani, ecco perché l’Italia è un caso negativo e preoccupante

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