Tra i tanti titoli di stato che ci siamo ritrovati ad esaminare di tanto in tanto, c’è anche il bond con cedola 9%, la più generosa rimasta in circolazione. Si tratta del BTp 1 novembre 2023 (ISIN: IT0000366655), emesso nel lontano 1993. Un’altra era sul piano dei mercati finanziari, oltre che della politica e della società. Debuttò sostanzialmente come trentennale e a quel tempo un interesse del 9% per una scadenza così lunga era normale. Oggi, il BTp 2052, emesso qualche settimana fa, non arriva ad offrire il 2,15% lordo.

Chi oggi acquistasse il bond con cedola 9%, a casa non porterebbe nulla. Anzi, ci rimetterebbe il capitale, pur di poco. Infatti, a fronte di una durata residua oramai inferiore ai due anni, il prezzo di acquisto risulterebbe spropositatamente elevato e tale da più che annullare la cedola incassata: 116,17. Nei fatti, equivale a una minusvalenza alla scadenza di quasi il 14%. Il rendimento netto su base annua sarebbe, dunque, del -0,15%. Aggiungiamoci anche il fatto che l’inflazione italiana in questa fase stia tendendo al 4%, e scopriamo che sarebbe un investimento a perdere.

Bond cedola 9%, affare a seconda dei tempi di acquisto

Lo si dice da anni, eppure questo bond si è rivelato abbastanza positivo per gli obbligazionisti che lo avessero messo in portafoglio dieci anni fa esatti. Allora, lo si acquistava a poco più di 120. In questo decennio, quindi, avrebbe inflitto una perdita del 3,6% per via della minore quotazione. Tanto sarebbe il minore valore incassato nel caso in cui lo rivendessimo oggi. Ma nel frattempo, il titolo ci avrebbe offerto una maxi-cedola annuale del 9%, che rapportata al prezzo dell’investimento sarebbe stata del 7,47%. Al netto della tassazione, siamo sopra il 6,5%. In dieci anni, farebbe oltre il 65%. Pur sottraendo la perdita dovuta al calo del prezzo, il rendimento netto annuo sarebbe stato del 6,2%.

Considerate che in questo decennio il tasso d’inflazione in Italia è stato molto basso, nell’ordine di circa l’1% medio, per cui il rendimento reale sarebbe stato di circa il 5%.

Un affare per un investimento di così breve durata. Ovviamente, questo numeri così estremamente positivi hanno a che fare con la tempistica dell’acquisto ipotizzato. A inizio 2012, i mercati avevano messo l’Italia nel mirino per il suo altissimo debito pubblico e i rendimenti dei BTp esplodevano, mentre i prezzi implodevano. Nel marzo 2015, ad esempio, in coincidenza con l’avvio degli acquisti dei bond da parte della BCE con il “quantitative easing”, la quotazione si era impennata a oltre 165. Chi avesse acquistato allora il bond, riporterebbe oggi una minusvalenza del 30%, per poco compensata dall’incasso delle cedole.

[email protected]