La lira turca sta collassando sui mercati valutari e il rischio di una nuova tempesta finanziaria come quella di due anni fa diventa sempre più concreto. Una pessima notizia per i possessori di obbligazioni in valuta domestica, perché sono costretti a sostenere le perdite loro inflitte dall’indebolimento del cambio. Il discorso riguarda anche i bond emessi da organismi sovranazionali, il cui rischio di credito può considerarsi sostanzialmente nullo, ma in quanto verranno rimborsati in lire, l’esito finale dell’investimento dipenderà dal rapporto tra il cambio alla scadenza e quello all’atto di acquisto.

Una delle obbligazioni sovranazionali in lire turche è il titolo con scadenza agosto 2021 e cedola 10% (ISIN: XS1664203699), che negli ultimi 6 mesi ha perso l’11%, scendendo a una quotazione inferiore a 90 centesimi e offrendo così un rendimento del 22%. In realtà, le perdite effettive non si fermano qui per l’ipotetico investitore, dato che tra poco più di un anno si ritroverebbe ad essere rimborsato in una valuta, che solamente da inizio febbraio ad oggi ha perso quasi il 24% contro l’euro. Pertanto, oggi rivenderemmo questi titoli a un prezzo dell’11% più basso e riscuotendo in una valuta del 24% più debole, registrando una perdita del 35%.

Sempre la Banca Mondiale ha emesso in passato un bond in scadenza a marzo 2023 e con cedola fissa 12% (ISIN: XS1791714147), che nell’ultimo semestre segna -13,4%, attestandosi in area 90,50 centesimi. In totale, quindi, le perdite sfiorerebbero il 38%, considerato l’effetto cambio.

Fuga record dai bond della Turchia

Il rischio di cambio rimane alto

Restando sullo stesso anno, ma cambiando emittente, troviamo le obbligazioni della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo da rimborsare in data 4 ottobre 2023 e con maxi-cedola 21% (ISIN: XS1890137364): -15,6% dai livelli pre-Covid, per cui il conto finale sale a quasi -40%. Una batosta! Infine, abbiamo le obbligazioni della Banca Europea per gli Investimenti in scadenza nell’ottobre 2024 e cedola 9,25% (ISIN: XS1115184753), che hanno segnato nello stesso periodo il -8,5%, per cui oggi ci infliggerebbero una perdita virtuale del 32%.

Con una quotazione in are 94,40, rendono oltre l’11%.

Le cedole altissime offerte da questi titoli si rivelano per quello che sono, un indennizzo ex ante offerto dagli emittenti per compensare il mercato dell’elevato rischio di cambio e senza che si abbia ragionevole certezza che bastino allo scopo. In effetti, con un lira che tende a deprezzarsi contro l’euro al ritmo del 10% all’anno nell’ultimo quinquennio, nemmeno un tasso d’interesse a doppia cifra ci consentirebbe di guardare con serenità al futuro. Da qui, il crollo delle quotazioni, che facendo salire i rendimenti alle varie scadenze elevano l’appetibilità di titoli altrimenti invenduti. Se il cambio avesse toccato il fondo, questi bond risulterebbero molto ghiotti, ma i fondamentali non suggeriscono una simile previsione. E non esistendo pasti gratis, se allo stato attuale rendono tantissimo è solo perché sono il riflesso di un rischio valutario ancora altrettanto alto.

La lira turca affonda e Ankara corre verso il baratro

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