Il Parlamento ha dato il suo assenso alla riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), che dovrà essere ratificata ufficialmente a gennaio. In questi mesi di pandemia, moltissimo si è discusso tra le forze politiche sull’opportunità di accedere all’assistenza del Fondo salva-stati per richiedere fino ai 36 miliardi di euro che l’Italia avrebbe a disposizione per la sanità e a condizioni molto blande. Le posizioni dei fronti contrapposti sono rimaste inalterate: Movimento 5 Stelle, Lega e Fratelli d’Italia sono contrari, PD, Italia Viva e Forza Italia sono favorevoli.

Del MES si fa un gran parlare per la sua estrema capacità di accedere al mercato dei capitali a condizioni molto favorevoli e in qualsiasi fase. Da premettere che nel caso in cui uno stato richiedesse un prestito, questo dovrebbe essere restituito dopo 7-10 anni. A quale tasso? Dipende chiaramente dal costo di raccolta sostenuto dal MES, a cui vanno aggiunti un tasso di base dello 0,10% all’anno, una commissione una tantum dello 0,25% e un tasso ulteriore dello 0,005%. Per un prestito a 10 anni, in buona sostanza, dovremmo sborsare circa 13 punti base (0,13%) sopra il rendimento spuntato dal MES per la scadenza decennale.

Lo scorso venerdì, il bond marzo 2030 e cedola 0,01% (ISIN: EU000A1Z99L8) emesso dal fondo quotava a poco meno di 105, offrendo un rendimento negativo dello 0,49%. Questo significa che ad ogni e croce, se prendessimo in prestito denaro dal MES, dovremmo restituirlo a qualcosa come circa il -0,35%, dato che si confronta con lo 0,50% del BTp di pari scadenza. Su ogni miliardo di euro, anziché pagare interessi annuali per 5 milioni all’anno, finiremmo per essere pagati dal MES per 3,5 milioni. In 10 anni, il risparmio sarebbe di circa 85 milioni cumulati.

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Non solo interessi, c’è anche un altro costo

Se il fondo rendesse possibile allungare la durata del prestito, il beneficio si amplierebbe.

Il bond ottobre 2045 e cedola 1,75% (ISIN: EU000A1U9902) si acquista a quasi 143, esitando un rendimento dello 0,03%. Per questa scadenza, l’Italia dovrebbe sborsare circa l’1,05%. Il risparmio sarebbe stimabile in circa 9 milioni di euro all’anno per ogni 1 miliardo preso in prestito. E il bond dicembre 2055 e cedola 1,85% (ISIN: EU000A1U9936), acquistabile ormai a quasi 159, offre un rendimento dello 0,11%, che si confronta con quasi l’1,50% che pagherebbe un BTp di pari durata. Risparmio stimabile in almeno 12,5 milioni all’anno.

Se, invece, accorciassimo la durata, il beneficio diminuirebbe, dato che anche l’Italia sulle scadenze più brevi riesce ormai a spuntare rendimenti negativi. Ad esempio, sui 4 anni il MES offre il -0,64%, a cui dovremmo sommare tassi e commissioni, per cui il “costo” risulterebbe annualmente negativo di circa lo 0,47%, ma a fronte di un -0,24% del BTp. Il risparmio scenderebbe a un paio di milioni di euro all’anno su ogni miliardo, che non sarebbero ugualmente da buttare. Ma come più volte abbiamo avvertito, una vera analisi costi-benefici va condotta oltre gli stretti numeri della ragioneria. Esiste un costo politico nel chiedere aiuto a un ente intergovernativo, perché si finisce per essere debitori di altri stati. Inoltre, i mercati la prenderanno bene? Non è che inizierebbero a pretendere rendimenti più elevati sulle emissioni di BTp, percependo un maggiore rischio sovrano (c.d. “effetto stigma”)?

Vendere BTp con la riforma del MES o attendere le scadenze?

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