Il titolo di stato italiano a 10 anni è tornato a offrire fin quasi il 4%, mentre il Bund di pari durata viaggia intorno all’1,50%. I rendimenti dei BTp iniziano sul serio a stuzzicare l’appetito del mercato. Il loro netto rialzo si deve a fattori in gran parte comuni al resto dell’Eurozona: alta inflazione, crisi energetica con lo spettro di una recessione economica e rialzo dei tassi BCE in corso. Nello specifico, il mercato teme per la sostenibilità del debito pubblico italiano con l’aumento della spesa per interessi.

E gioca un ruolo non secondario la caduta del governo Draghi per andare ad elezioni il prossimo 25 settembre. Ve ne sarebbe per restare scettici circa le opportunità legate ai bond tricolori. Tuttavia, è probabile che gli investitori abbiano più che prezzato i rischi reali.

Per prima cosa, non è scontato che la crisi energetica duri a lungo. Se l’Unione Europea trovasse soluzioni efficaci e immediate per reagire alla chiusura dei rubinetti del gas russo, anche i timori legati all’inflazione scemerebbero nel corso dei prossimi mesi. Dopodiché la lievitazione dei rendimenti dei BTp stavolta non si accompagna con il diffondersi di idee euro-scettiche nel Bel Paese. Al contrario, questa è la prima campagna elettorale dopo molti anni senza che un partito di rilievo assuma posizioni contrarie all’Unione Europea o, addirittura, all’euro.

Rendimenti dei BTp già alti

Il prossimo governo potrebbe sorprendere positivamente circa la sua compagine, con i ministeri chiave ricoperti da figure apprezzate dai mercati finanziari. E non possiamo escludere che riesca ad approvare in tempo la legge di Bilancio, evitando sia l’esercizio provvisorio, sia di sforare il deficit programmato. Quanto al PNRR, neppure nel caso di vittoria del centro-destra sembra in discussione. Semmai, la leader di fatto della coalizione, Giorgia Meloni, insiste per ottenere una revisione concordata con Bruxelles, così da tenere conto della crisi energetica e del boom dell’inflazione.

Infine, in casi estremi la BCE attiverebbe il TPI, il piano anti-spread varato a luglio. Per quanto limitato e condizionato che sia, sarebbe un ulteriore sostegno ai nostri titoli, una “seconda linea di difesa” per dirla con le parole del governatore Christine Lagarde. I rendimenti dei BTp troverebbero un limite superiore. Ed è probabile che tale meccanismo sarebbe azionato nel caso in cui esplodesse lo spread a 2 anni, che Francoforte monitora forse con maggiore attenzione della scadenza decennale. Attualmente, lo spread tra BTp e Bund a 2 anni è inferiore a 100 punti o 1%. Questo significa che la capacità dell’Italia di rifinanziarsi sui mercati a costi sostenibili nel medio-breve termine non è ancora affatto minacciata.

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