Il governatore della BCE, Christine Lagarde, alla conferenza stampa di ieri successiva al board ha parlato di “forte frenata” dell’economia nell’Eurozona nel quarto trimestre. Le cause sono palesi: accelerazione dei contagi da Covid e intensificazione delle misure restrittive per contenerla. L’istituto promette che a dicembre valuterà se intervenire con nuovi stimoli monetari, tra l’altro anche verificando i tempi di un possibile vaccino. Il mercato sconta un potenziamento del PEPP, il piano di acquisti dei bond in emergenza, varato a marzo per 750 miliardi e ampliato a giugno a 1.350 miliardi.

A questo si aggiungono i 20 miliardi di acquisti mensili con il “quantitative easing”, a sua volta irrobustito di 120 miliardi nel marzo scorso.

La BCE medita di rivedere la sua strategia sugli acquisti di corporate bond

Cosa accadrebbe se la BCE non potenziasse i suoi programmi monetari? Secondo i calcoli degli analisti, sostanzialmente nulla. Stando alle manovre di bilancio presentate dai governi dell’area nelle ultime settimane, le emissioni di bond per il 2021 ammonteranno a circa 1.200 miliardi di euro, in lieve calo rispetto a quest’anno. Al netto del debito che arriverà a scadenza e che presumibilmente verrà rinnovato dal mercato e certamente dalla stessa BCE, le emissioni scenderebbero a 405 miliardi. In generale, il deficit fiscale si attesterebbe al 6% del PIL, giù dall’8,9% atteso quest’anno.

Per contro, la BCE acquisterebbe titoli di stato per un controvalore di 460 miliardi, cioè per 55 in più rispetto alle emissioni nette a medio-lungo termine. Questo significa che tra QE e PEPP riuscirebbe a più che coprire il fabbisogno finanziario in disavanzo degli stati dell’euro. E la principale beneficiaria di questi super-acquisti sarebbe proprio l’Italia, che a fronte di 70 miliardi di emissioni nette si ritroverebbe acquisti da parte della BCE per 108 miliardi, cioè gli investitori privati sarebbero “spiazzati” dai BTp per 38 miliardi.

Bond Eurozona in una botte di ferro

Questo dato assume un significato rilevante per prevedere l’andamento dei rendimenti a breve e medio termine. Quale che fosse la reazione di Francoforte alla crisi in corso, infatti, non ci sarebbe motivo per allarmarsi. Certo, se la BCE decidesse di potenziare il PEPP di altri 500 miliardi, le emissioni nette degli stati verrebbero più che coperte dai suoi acquisti per circa 343 miliardi. Se i privati non si ritraessero da soli, i rendimenti diminuirebbero ulteriormente, quando già oggi risultano negativi fino spesso alle lunghissime scadenze, come nel caso della Germania.

Va detto che se i bilanci programmati per il 2021 potrebbero subire modifiche in peggioramento con l’aggravarsi della crisi. La seconda ondata dei contagi e i conseguenti lockdown già adottati da stati come Francia, Germania, Irlanda, Regno Unito, Spagna e Italia nelle varie gradazioni verosimilmente provocheranno disavanzi fiscali più ampi del previsto ed emissioni di debito pubblico più consistenti. Per contro, la UE erogherà le prime tranche del Recovery Fund, che sfoltirebbero le emissioni degli stati, sostenendo gli investimenti pubblici.

Ad ogni modo, appare molto improbabile che ciò possa scatenare una qualche crisi sui mercati finanziari, dato l’amplissimo sostegno offerto ai bond dalla BCE. Peraltro, con un’inflazione attesa negativa fino ai primi mesi dell’anno prossimo, i funzionari di Christine Lagarde dispongono di grossi margini per intervenire anche con ulteriori stimoli monetari senza minacciare l’obiettivo ufficiale, che consiste nel tendere a un tasso d’inflazione nel medio termine “vicino, ma di poco inferiore al 2%”. E già si studia come tollerare una reflazione maggiore al target per un certo periodo per ragioni di “simmetria” intertemporale.

Perché il nuovo lockdown porterà al reset del debito pubblico nel mondo

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