L’Austria ha collocato sul mercato negli ultimi anni due obbligazioni a 100 anni. La prima volta fu nell’autunno del 2017, quando emise un bond con scadenza 20 settembre 2117 e cedola 2,10% (ISIN: AT0000A1XML2). Sembrò un successo straordinario, ma nei mesi e negli anni immediatamente successivi il titolo si apprezzò al punto, che la cedola divenne altissima rispetto a un rendimento sempre più basso. E così, nel giugno dello scorso anno Vienna decise di emettere nuove obbligazioni a 100 anni, stavolta con scadenza 30 giugno 2120 e cedola 0,85% (ISIN: AT0000A2HLC4).

Anche in questo secondo caso, però, nei mesi successivi la quotazione del titolo esplose e il rendimento crollò. A dicembre, entrambi i bond offrivano qualcosa in area 0,30-0,35%. In pratica, tu compravi obbligazioni a 100 anni per ritrovarti alla scadenza un capitale che ti avrebbe remunerato per circa il 30% lordo nell’arco di un secolo. Sappiamo perché così poco. L’Austria è percepita come un “porto sicuro” per gli investitori e grazie a questa sua caratteristica riesce a indebitarsi a costi bassissimi nelle fasi avverse.

Da dicembre, però, le obbligazioni a 100 anni austriache hanno iniziato a ripiegare, in linea con il trend generale. Il bond 2120 ha perso da allora oltre il 30% e il suo rendimento è salito all’1,09%. Stessa sorte per il bond 2117, che ha perso ben il 36% e ha visto salire il rendimento allo 0,89%. In meno di cinque mesi, quindi, questi titoli offrono tra lo 0,60% e lo 0,80% in più. Da notare come lo spread tra i due si siano ampliato con il rialzo dei rendimenti. Ciò sarebbe dovuto al fatto che il sell-off abbia colpito maggiormente le obbligazioni a 100 anni con scadenza nel 2120. E per due ragioni: anzitutto, perché durano quasi 4 anni in più e, soprattutto, perché offrono una cedola effettiva molto più bassa.

Rapportando il tasso d’interesse alla quotazione, scopriamo che il bond 2120 offre cedola pari allo 0,96% dell’investimento.

Il bond 2117 offre cedola pari all’1,29% del capitale investito. Da qui ai quasi prossimi 100 anni, quindi, l’obbligazionista e i suoi eredi percepirebbero nel primo caso un terzo di punto percentuale in meno ogni anno. Al di là di queste quisquilie, dobbiamo notare che allo stato attuale le obbligazioni a 100 anni con scadenza nel 2120 offrono un rendimento lordo sostanzialmente in linea con l’ultimo dato sull’inflazione rilevata in Italia.

Cosa significa? Se la crescita dei prezzi al consumo nel nostro Paese non accelerasse, questo asset riuscirebbe in futuro a proteggere il capitale investito contro la perdita del potere di acquisto. Ma a parte che l’inflazione italiana potrebbe accelerare, il fatto è che il bond austriaco si deprezzerebbe con il rialzo dei rendimenti sul mercato. Dunque, o lo rivenderemmo in perdita sul secondario o dovremmo attendere la scadenza per evitare minusvalenze. Anche sperando di vivere altri 100 anni, sarebbe chiedere troppo alla nostra pazienza.

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