Giù le azioni, ma ad essere colpite dalla rottura delle trattative con Unicredit sono state particolarmente le obbligazioni subordinate di Monte Paschi di Siena (MPS). Ieri, i cali accusati nel corso della seduta sono stati pesanti. Se in borsa il titolo ha ceduto poco più del 3%, scendendo a 1,04 euro, il bond Tier 2 con scadenza gennaio 2028 è crollato fino a circa il 17%, colando a picco a poco sopra 60 centesimi. Venerdì scorso, aveva chiuso a una quotazione di quasi 73 centesimi. Male anche per il bond subordinato 2029, che è sceso a 84 centesimi, perdendo in poche ore il 13,5%.

Infine, il bond 2030 è sprofondato del 19% a 66 centesimi.

Le tre suddette obbligazioni MPS si collocavano fino a maggio/inizio giugno nettamente sopra la pari o in prossimità di essa. Il primo tracollo avvenne ai primi di giugno, quando si diffuse il timore che la banca sarebbe rimasta troppo debole per onorare i prestiti. Peraltro, i titoli in questione si addicono bene all’emittente in uno scenario di crisi, consentendogli la conversione in azioni e/o la sospensione o il rinvio dei pagamenti delle cedole. La notizia di questi giorni, invece, riguarda il fallito negoziato con Unicredit, che ha aperto interrogativi sul futuro di Siena. A preoccupare gli obbligazionisti è la ricapitalizzazione precauzionale richiesta per il caso in cui il Tesoro non trovasse investitori disponibili a sottoscrivere l’aumento.

Obbligazioni MPS e la possibile occasione d’acquisto

In quel caso, stando alla normativa sul “bail-in”, lo stato potrà iniettare nella banca liquidità a patto che prima abbiano contribuito alle perdite anche gli obbligazionisti. Si partirebbe proprio con le obbligazioni subordinate (dopo le azioni), successivamente si arriverebbe a quelle senior e, infine, qualora non fosse ancora sufficiente per mettere la banca in salvo, spetterebbe ai conti correnti e deposito sopra 100.000 euro. In realtà, quest’ultimo passo potrebbe essere evitato adducendo ragioni di stabilità del sistema bancario, facilmente dimostrabili.

Per contro, i movimenti estremamente ribassisti di questi giorni creerebbero occasioni d’acquisto nello scenario di una proroga dei tempi per la privatizzazione (iero, però, la smentita della Commissione UE), con la prospettiva che lo stato metta in sicurezza MPS altrimenti. Si andrebbe dalla cessione dei crediti deteriorati ad Amco, dei rischi legali a Fintecna e alla fusione con istituti come Banco BPM o, in alternativa, alla permanenza in vita da soli (“stand-alone”). Nessuna strada per il momento è esclusa e soluzioni facili non ve ne sono. Ed ecco spiegato il crollo delle obbligazioni MPS.

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