Webuild (ex Salini Impregilo) ha collocato sul mercato nuove obbligazioni sostenibili per un controvalore di 400 milioni di euro, attirando ordini per 900 milioni. Gli investitori interessati sono stati perlopiù da Gran Bretagna, Francia e Germania. Il bond scade in data 28 luglio 2026 e ha cedola fissa 3,875%. I capitali raccolti serviranno a rifinanziare il debito in scadenza e per scopi generali, al contempo essendo legati all’obiettivo di dimezzare le emissioni altamente inquinanti (Scope 1 e 2) entro il 2025.

Secondo il general manager della società, Massimo Ferrari, il successo riscosso dalle obbligazioni sostenibili segnala la fiducia del mercato verso le capacità di crescita dell’economia italiana, anche grazie all’uso dei fondi del Pnrr.

Con questa emissione, Webuild allunga il suo debito a una durata media di 3,7 anni. Il 90% delle scadenze si ha dopo il 2023 e per l’85% sono a tasso fisso. Il titolo è stato riservato agli investitori qualificati, ad esclusione di quelli degli USA e di altri paesi indicati.

Obbligazioni sostenibili ad alto rischio

La data di godimento è stata fissata per il prossimo 28 gennaio. Pertanto, il bond avrà durata di 4 anni e mezzo. La quotazione avverrà alla Borsa di Dublino (Euronext). Trattandosi di una scadenza medio-lunga, la cedola offerta appare abbastanza allettante. Bisogna, però, considerare il rischio di credito teoricamente elevato, come segnalano le agenzie di rating, i cui giudizi non sono entusiasmanti: BB- per S&P, BB per Fitch. In altre parole, il debito di Webuild è considerato speculativo, vale a dire molto rischioso.

Poiché l’emittente è una società di costruzioni, evidentemente il suo business è legato al ciclo economico, un fattore importante a cui guardare prima di investire nelle obbligazioni sostenibili. Nel primo semestre dello scorso anno, la società aveva un portafoglio ordini di 43,3 miliardi di euro e maturati ricavi per 3,14 miliardi, di cui la metà in Europa (31% in Italia) e il 22% nel Nord America.

Il debito finanziario sfiorava, invece, i 3 miliardi. Di questo, il 51% era in forma di obbligazioni e il 43% di esposizioni verso le banche. L’86% dei nuovi ordini era legato a progetti low carbon.

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