In questi giorni, Saipem tiene il maxi-aumento di capitale da 2 miliardi di euro. L’operazione si è resa necessaria dopo che la società attiva nella fornitura di servizi alle società dell’energia aveva chiuso il 2021 con una perdita di 2,5 miliardi. L’anno precedente, il rosso era stato di 1,14 miliardi. Ma sarebbe sbagliato pensare che tali perdite siano state legate alla pandemia. Dal 2015 (compreso) al 2021, Saipem ha chiuso in attivo solamente nel 2019 e per appena 12 milioni su un fatturato di 9 miliardi. Nel settennato, ha accumulato perdite per quasi 7,2 miliardi.

Praticamente, ha un problema strutturale che non riesce a risolvere. In effetti, ha lanciato tre profit warning negli ultimi dieci anni.

E anche per questo le obbligazioni Saipem in queste ultime sedute stanno offrendo rendimenti particolarmente appetibili. Vi sono due titoli che spiccano su tutti per una serie di ragioni. Parliamo di due bond “callable” con scadenza rispettivamente in data 7 gennaio 2025 con cedola 2,625% (ISIN: XS1711584430) e in data 15 luglio 2026 e cedola 3,375% (ISIN: XS2202907510).

Il primo quotava ieri sotto gli 84 centesimi, il secondo sotto 80 centesimi. In entrambi i casi, il rendimento lordo supera il 10%. In particolare, le obbligazioni Saipem 2025 staccano una cedola annua netta effettiva di circa il 2,3%, le altre in scadenza nel 2016 in area 3,15%. Come si arriva a tali cifre? Rapportando le cedole nominali alle rispettive quotazioni, al netto della tassazione del 26%.

Obbligazioni Saipem a rischio di credito teorico

A tutti gli effetti, parliamo di obbligazioni Saipem di elevato interesse per il mercato. Il rendimento in sé non sarebbe tutto. La durata residua dei titoli è relativamente bassa, cioè di 2 anni e mezzo e 4 anni. A questo punto, il rischio di credito deve essere obiettivamente alto per offrire così tanto. In effetti, l’emittente è considerato “speculativo”, vale a dire che gli sono stati assegnati rating “non investment grade”. Le probabilità di default sono considerate relativamente elevate, ma alla prova dei fatti non lo sono.

La società prima dell’aumento era partecipata al 30,54% da ENI e al 12,55% da Cassa depositi e prestiti. Entrambe le società partecipano pro-quota alla ricapitalizzazione. E trattasi di entità a loro volta controllate dallo stato. Di fatto, Saipem è indirettamente una società semi-pubblica e il suo debito dovrebbe essere considerato “garantito” dallo stato.

Certo, pur essendo le obbligazioni Saipem di tipo senior, d’altra parte espongono l’investitore al rischio di reinvestimento che si avrebbe nel caso di rimborso anticipato. Ma siamo sicuri che sarebbe un problema vedersi rimborsato a 100 un capitale acquistato a poco più o poco meno di 80 centesimi dopo pochi mesi o qualche anno? Il rendimento effettivo risulterebbe ancora più elevato del 10% calcolato alla scadenza dei due titoli.

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