Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC) emetterà le prime obbligazioni petrolifere degli Emirati Arabi Uniti. L’operazione avverrà più in là nel corso di quest’anno, attraverso la sussidiaria ADNOC Murban RSC Ltd. Nel Golfo Persico, la compagnia è l’ultima in ordine di tempo a rivolgersi al mercato dei bond per finanziarsi. Negli ultimi anni, lo hanno già fatto Saudi Aramco e QatarEnergy.

Ad oggi, ADNOC ha contratto solo debiti con le banche per potenziare la sua capacità estrattiva dagli attuali 4 a 5 milioni di barili al giorno entro il 2030, nonché per diversificare il business in fonti energetiche alternative come l’idrogeno blu e verde.

Evidentemente, adesso spera di approfittare dei bassi tassi di mercato prima che risalgano. Allo scopo, la società martedì scorso ha tenuto incontri con la comunità degli investitori di USA, Europa, Asia, Africa e Medio Oriente, assistita da JP Morgan e Morgan Stanley.

Obbligazioni petrolifere, qualità alta

Stando alle indiscrezioni, l’emissione dovrebbe beneficiare del rating AA di Fitch, in linea con il giudizio sovrano dell’azionista di controllo, l’Emirato di Abu Dhabi. Tecnicamente, ciò significa che il rischio di credito teorico sia molto basso. In effetti, gli Emirati Arabi Uniti hanno un “breakeven” fiscale atteso per quest’anno intorno ai 60 dollari al barile. Significa che a tale prezzo, non solo la compagnia copre per intero il costo di produzione, ma riesce a garantire l’equilibrio del bilancio dello stato. Attualmente, le quotazioni si aggirano tra 80 e 85 dollari, un livello più che sufficiente per maturare profitti.

Proprio per l’elevato grado di sicurezza, la cedola non dovrebbe essere robusta. Pensate che il bond in dollari dell’Emirato di Abu Dhabi a 50 anni, con scadenza nel 2070, offre oggi un rendimento lordo annuo del 3,30%. Rispetto al Treasury a 30 anni, il premio è contenuto a 115-120 punti base. A seconda della scadenza, quindi, le obbligazioni petrolifere di prossima emissione risulteranno relativamente avide, pur apprezzabili in una fase come questa ancora di bassi tassi.

Resta il rischio di cambio, trattandosi di titoli denominati quasi certamente in dollari USA.

[email protected]