Il 12 maggio scorso, Goldman Sachs ha emesso obbligazioni in euro per un controvalore di 80 milioni, con scadenza il 12 maggio 2025 e cedola fissa del 2,50% (ISIN: XS2114121192). Il bond è, dunque, un quinquennale e presenta una particolare caratteristica in fase di rimborso, perché alla suddetta data l’emittente si impegna a restituire all’obbligazionista il valore nominale di 1.000 euro per ogni titolo per il caso in cui il cambio euro-dollaro fosse inferiore a 1,08 alla data di valutazione finale (5 maggio 2025), oppure di 1.080 dollari per il caso in cui risultasse superiore a 1,08.

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Per tutto il periodo dell’investimento, l’obbligazionista godrà di un flusso cedolare fisso annuale (primo pagamento fissato per il 12 maggio 2021) e garantito pari al 2,50% del valore nominale investito. Può chiaramente rivendere tale titolo anticipatamente rispetto alla data di scadenza, essendo negoziabile sul MoT della Borsa Italiana, ma esponendosi in quel caso a un rischio di prezzo, che può risultare inferiore a quello di acquisto, infliggendo minusvalenze al rivenditore. E si consideri anche che la scarsa quantità dell’emissione comporta anche un rischio di liquidità per il caso di rivendita anticipata, perché risulterebbe difficile trovare una domanda pronta ad assorbire l’offerta.

Alla scadenza, l’investitore si ritroverà dinnanzi a uno scenario duplice: rimborso in euro o in dollari USA. Nel primo caso, nessun problema. Nel secondo caso, invece, subirebbe una perdita proporzionale al tasso di apprezzamento del cambio euro-dollaro rispetto al livello di riferimento di 1,08. Questo, perché il capitale di 1.080 dollari che ci verrebbe restituito varrebbe, una volta effettuata la riconversione nella divisa europea, meno dei 1.000 euro nominali dell’investimento. Ipotizziamo che alla scadenza, il cambio euro-dollaro si attesi a 1,15. I 1.080 dollari del rimborso varrebbero, quindi, circa 939 euro, il 6% in meno del capitale di 1.000 euro.

Spalmato sui 5 anni, il rendimento medio annuale lordo verrebbe ridotto dell’1,2%.

Rendimento effettivo legato al fattore cambio

Cosa ci dice il mercato con riguardo alle aspettative di cambio a 5 anni? Monitorando lo spread Treasury-Bund quinquennale, dedurremmo che il cambio euro-dollaro da qui al maggio 2025 salirebbe a poco meno di 1,15, non a caso il tasso utilizzato nell’esempio sopra descritto. Attenzione, però, perché nulla ci dice che il cambio si muoverà realmente al rialzo e in quale misura ciò avverrebbe. Si consideri che le prospettive per il dollaro negli ultimi mesi si sono rafforzate di molto contro la moneta unica, perché la caduta nella crisi dell’economia globale per effetto dell’emergenza Coronavirus ha provocato un deciso allentamento monetario e un contestuale deterioramento delle previsioni di crescita a medio termine ovunque, incentivando i capitali a rifugiarsi negli USA, il principale porto sicuro percepito dai mercati.

Del resto, se Goldman Sachs, il cui rating è “BBB+” per S&P, “A” per Fitch e A3″ per Moody’s, ha offerto una cedola così sostanziosa di questi tempi per una scadenza così breve, è proprio per compensare l’obbligazionista di eventuali variazioni di cambio per esso negative. Tornando all’esempio sopra citato, il rendimento netto effettivo alla scadenza risulterebbe pur sempre positivo e pari allo 0,65% annuale. Si azzererebbe solo se il cambio euro-dollaro salisse intorno a 1,18, evento ad oggi considerato improbabile. Per contro, se la crisi dovesse prolungarsi e il dollaro alla scadenza si portasse sotto 1,08, anche in funzione delle tensioni ormai costanti nell’Eurozona, si godrebbe di un rendimento relativamente elevato, se è vero che dovremmo spostarci lungo la parte a lunghissima scadenza dei BTp per trovare livelli simili. E sul MoT, il prezzo si attestava nei giorni scorsi poco sotto la pari, accrescendo il rendimento.

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