E’ oggi il termine per il pagamento della cedola semestrale per le obbligazioni Evergrande in dollari con scadenza 29 marzo 2024 e tasso lordo del 9,50% (ISIN: XS1587867539). Non risulta per il momento che sia stato ottemperato. E dire che con il fuso orario a Pechino è già tarda sera, quando qui in Italia siamo nel pieno pomeriggio. La somma da sborsare sarebbe relativamente esigua, pari a 47,5 milioni di dollari. Il mancato pagamento non farebbe scattare immediatamente il default, poiché la società potrà avvalersi dei 30 giorni del periodo di grazia previsti da contratto.

Peraltro, non si nulla neppure delle altre obbligazioni Evergrande in dollari e in scadenza nel marzo 2022 con cedola 8,50% (ISIN: XS1580431143). Il pagamento semestrale avrebbe dovuto essere effettuato giovedì scorso, ma non si hanno notizie in tal senso. Tant’è che nel dubbio Fitch ha ulteriormente declassato il debito societario a C, rating di poco superiore al default conclamato.

Obbligazioni Evergrande sacrificate da Pechino

Al fine di attingere a un po’ di liquidità, Evergrande ha comunicato nelle scorse ore la vendita in corso di 1,75 miliardi di azioni nella Shengjing Bank per un incasso complessivo atteso di 9,9 miliardi di yuan o 1,5 miliardi di dollari. Le obbligazioni Evergrande sembrano tutt’altro che sollevate dalla notizia. Quelle oggetto del pagamento odierno sono crollate a meno di 19 centesimi di dollaro, mentre quelle in scadenza nel marzo 2022 si aggirano attorno ai 23,60 centesimi. Di fatto, offrono ormai rendimenti stellari; lungi dall’essere un’opportunità allettante, segnalano l’altissimo rischio di credito imminente.

In effetti, le autorità cinesi hanno imposto alla società di provvedere al completamento dei progetti immobiliari con la liquidità ancora disponibile, anziché soddisfare i creditori finanziari. In altre parole, le obbligazioni Evergrande saranno sacrificate, così come le azioni, al fine di imporre una maggiore disciplina al mercato e di contenere i disagi a carico dei proprietari di case in costruzione.

Il mercato starebbe scontando apertamente un “haircut” nell’ordine di almeno il 75%. Ecco spiegato perché le quotazioni dei titoli sono scivolate a meno di un quarto, se non di un quinto, del loro valore nominale.

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