E’ stata una seduta favorevole per il petrolio quella di ieri. Il Brent si è apprezzato di circa il 5%, salendo di 4 dollari al barile e avvicinandosi alla soglia di 85 dollari. Una cattiva notizia per le economie importatrici, mentre chiaramente ne beneficiano i paesi esportatori. Ed è stato questo il motivo per cui alcune obbligazioni emergenti si sono apprezzate nel corso della prima seduta settimanale. Il bond in dollari con scadenza 28 settembre 2028 e cedola 6,125% (ISIN: XS2384698994) emesso dalla Nigeria è salito di oltre mezzo punto percentuale sopra 78 centesimi.

Resta alto il rendimento dell’11,93%. Molto meglio ha fatto la scadenza decennale del 28 settembre 2033 (ISIN: XS2384701020), sempre in dollari della Nigeria, a +2% sopra 72 centesimi e con rendimento in calo al 12,53%.

Cos’è accaduto? L’OPEC ha annunciato il taglio dell’offerta di petrolio per 1 milione di barili al giorno a partire da maggio. La decisione è stata inattesa e lascia immaginare una carenza di produzione per i prossimi mesi. Le quotazioni del Brent risalgono e ciò beneficia gli esportatori. La Nigeria è uno di questi e appartiene all’OPEC. Tuttavia, è stata risparmiata dal taglio, per cui continuerà a produrre la stessa quantità di greggio. Di fatto, il suo beneficio sarà massimo: quantità invariate a prezzi più alti.

Obbligazioni emergenti “spazzatura”

Proiettando i +4 dollari al barile di ieri per l’intero anno, si otterrebbero 2,3 miliardi di dollari in più per lo stato africano. Le sue esportazioni giornaliere, infatti, ammontano a 1,6 milioni di barili. Lo scorso anno, ha incassato 45,6 miliardi grazie alle esportazioni petrolifere. Dunque, il rincaro del Brent fa certamente bene ai conti pubblici nigeriani e, di riflesso, alle obbligazioni emergenti emesse da questo paese. Ma il rally non è iniziato ieri. I bond nigeriani in dollari guadagnano il 10% dal 20 marzo. Il ritorno agli acquisti sarebbe determinato anche dalla fine dell’era Buhari. Il presidente uscente lascerà la carica dopo dieci anni a maggio e sarà succeduto da Bola Tinubu, il candidato del suo partito progressista che ha vinto le elezioni di fine febbraio.

Buhari lascia una pessima eredità economica: rallentamento della crescita, zero riforme, collasso del cambio e conti pubblici totalmente disastrati. A fronte di riserve valutarie per 35,6 miliardi di dollari, il debito estero vale 40 miliardi. Tuttavia, sarebbe ingenuo pensare che un rincaro del Brent, tra l’altro non così eclatante, possa portare a un miglioramento visibile delle condizioni fiscali di Abuja senza il varo di riforme credibili. Ricordiamo che le agenzie di rating classificano il debito pubblico nigeriano come “spazzatura”: B- per S&P e Fitch, Caa1 per Moody’s. Il rischio di credito per queste obbligazioni emergenti è valutato altissimo. E con un’eventuale maxi-svalutazione del cambio, all’impatto potrebbe salire ulteriormente.

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