Ieri, alla Borsa di Londra è suonata la campanella per le obbligazioni “Bengala”, così note per essere state emesse in taka per la prima volta da parte di un ente sovranazionale, l’unità investimenti della Banca Mondiale. L’emissione risale al luglio scorso tramite collocamento privato, ma ieri è arrivata la data tanto attesa per la quotazione al London Stock Exchange. Il taglio è di 800 milioni di taka, corrispondenti a circa 8,5 milioni di euro. I proventi dell’operazione serviranno a finanziare il gruppo PRAN, leader del Bangladesh nell’industria alimentare.

Il bond ha durata triennale e reca cedola del 6,30%.

Di fatto, un potenziale buon investimento per quanti siano in cerca di rendimento e al contempo non vogliano esporsi a rischi eccessivi. In effetti, l’emittente gode del rating “AAA”, per cui rimane solo il rischio di cambio, in sé non eccessivo, almeno stando alla storia recente. Nell’ultimo decennio, il taka ha perso contro il dollaro la media annua dell’1,7%. Se il trend restasse simile, la cedola effettiva alla scadenza risulterebbe scesa a una media annua di circa il 4,50% per un investitore americano, più bassa per uno dell’Eurozona. Adesso, la Banca Mondiale punta a costruire una curva delle scadenze completa, cioè ad emettere bond in taka di durata breve, media e lunga. Determinante si rivelerà il riscontro delle obbligazioni già emesse sul mercato.

Verso emissioni sovrane in dollari

E ieri, mentre a Londra si celebrava la tradizionale cerimonia della campanella, il consigliere economico del premier bengalese, tale Salman Rahman, ha annunciato che anche lo stato emetterà un bond sui mercati internazionali e sarà in dollari, con l’obiettivo di diversificare l’economia asiatica, ad oggi eccessivamente imperniata sull’industria dell’abbigliamento. Il collocamento avverrebbe nei primi mesi del 2020. Esso presenterebbe un rischio di cambio contenuto per gli investitori stranieri non americani e legato all’andamento del dollaro, mentre più alto risulterebbe quello sovrano.

S&P valuta il rating di Dacca “BB-“, al pari di Grecia e Brasile. Parliamo, quindi, di un emittente speculativo, ma nemmeno così “spazzatura” come saremmo portati a pensare.

Investire in bond emergenti in valute forti?

Di certo, le obbligazioni verranno vendute a rendimenti allettanti, come segnala la curva delle scadenze in taka. Il decennale bengalese offre il 9,26%, il biennale l’8,4%. Al netto del rischio di cambio, dovremmo attenderci cedole ancora pur sempre generose, vuoi perché trattasi di un’economia povera, vuoi anche per la novità di vedere il Bangladesh rivolgersi ai mercati internazionali. Essendo la curva relativamente piatta, al governo converrebbe puntare su uno o più bond a lunga scadenza, visto che le brevi comporterebbero risparmi abbastanza contenuti. Nell’ultimo decennio, il Bangladesh è cresciuto dell’89%, pari a una media annua del 6,6%, con il debito pubblico ad attestarsi al 34% del pil nel 2018, sebbene le politiche fiscali appaiano poco solide e contribuiscano ad alimentare forti squilibri commerciali, mentre l’inflazione viaggia ancora su valori medio-alti, da anni intorno al 5%.

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