Volete prendervi bassi rischi di credito e sperare in rendimenti elevati? Dovreste dare un’occhiata alle obbligazioni della Banca Europea per gli Investimenti (BEI), emessi in pesos messicani e in scadenza nel gennaio 2027 (ISIN: XS1547492410). Con una vita residua di circa 6 anni e mezzo, si mostra un orizzonte temporale idoneo per investire a lungo termine, pur senza esporsi a una “duration” eccessiva. Offre una cedola assai interessante, dell’8% annuo. Poiché il titolo si acquista sul mercato secondario a circa 112,50, il rendimento effettivo della cedola si attesterebbe in area 7,10%, rimanendo molto appetibile.

Quanto al rendimento complessivo, ovvero tenuto conto della minusvalenza accusata alla scadenza, quando il bond verrà rimborsato a 100, cioè meno di quanto speso, parliamo di qualcosa appena sopra il 5%.

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Se oggi voleste investire in un BTp di pari durata, portereste a casa un rendimento non superiore allo 0,65%. Certo, i BTp e queste obbligazioni BEI non sono direttamente comparabili. Da un lato, i primi hanno rating ben inferiore, con l’ente sovranazionale a godere della tripla “A” da parte delle agenzie di valutazione; dall’altro, le seconde sono denominate in una valuta diversa dalla nostra, per cui presentano un rischio di cambio anche piuttosto elevato, dato che i pesos messicani si mostrano abbastanza volatili.

Il doppio impatto della ripresa USA

E proprio il cambio si rivela essere il principale problema per chi intendesse acquistare questi titoli. Quest’anno, si è indebolito del 14% contro il dollaro, ancora di più contro l’euro, surclassando i guadagni che le quotazioni hanno messo a segno, pari solamente al 5%. Per capire se abbia senso puntare su questo titolo per tenerlo fino alla scadenza o per rivenderlo anche prima a prezzi effettivi (in euro) più alti, bisogna considerare che il Messico ha dinnanzi a sé uno scenario ambiguo.

Poiché esporta negli USA più dei tre quarti dei suoi beni e servizi complessivi, esso risente direttamente dell’andamento dell’economia americana.

In teoria, se questa migliora, trainerà l’export messicano, apprezzando il peso. Per contro, se l’economia americana si riprende piuttosto velocemente dallo shock del Covid, le tendenze inflazionistiche potrebbero accentuarsi, costringendo la Federal Reserve a mostrarsi meno accomodante (un rialzo dei tassi USA a breve resta escluso), i rendimenti dei Treasuries aumenterebbero e salirebbe la pressione su valute emergenti come peso, rublo e rupia indiana, dati i bassi rendimenti reali che i rispettivi mercati obbligazionari oggi già offrono. Difficile immaginare che la banca centrale messicana aumenti prontamente il costo del denaro, più facile che accetti un’ulteriore discesa del cambio o che utilizzi parte delle riserve per difenderlo.

A luglio, l’inflazione nel paese è salita al 3,62%, a fronte di tassi d’interesse fissati al 4,50%. Il margine reale resta positivo, ma ormai inferiore al punto percentuale, un segnale negativo per le prospettive del cambio. L’unico scenario che salverebbe capre e cavoli sarebbe quello di una ripresa economica globale senza inflazione. Dati i bassissimi livelli medi di quest’ultima nelle economie avanzate, però, un minimo di accelerazione sarebbe nei radar, pur forse non subito.

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