Mercoledì scorso, il board della BCE si è riunito in via straordinaria in videoconferenza e ha adottato una decisione a suo modo “storica”. I bond “junk”, con rating fino a “BB”, potranno continuare ad essere utilizzati dalle banche nell’Eurozona come collaterale di garanzia fino al settembre del 2021, a patto che fossero “investment grade” fino allo scorso 7 aprile. Francoforte ha voluto mettere in sicurezza gli emittenti privati e pubblici (ogni riferimento all’Italia è voluto), che a seguito dell’emergenza Coronavirus siano diventati “angeli caduti”, cioè abbiamo perso la status di qualità sul mercato obbligazionario.

Gli “angeli caduti” si porterebbero dietro le economie di Italia e Spagna

Già questa decisione sarebbe di per sé capace di rendere un po’ più allettanti i nuovi bond “high yield”, quelli declassati a “BB-” o “BB” nelle ultime settimane o che lo saranno nei prossimi mesi, in quanto le banche detentrici non dovranno correre a venderli, potendo continuare ad esibirli come garanzia per ottenere liquidità dalla BCE, chiaramente sottoponendosi a un “haircut” maggiore, pur tagliato del 20% a marzo lungo tutta la curva dei rating. Ma quella di settimana scorsa non sembra essere l’unica decisione favorevole a questo comparto obbligazionario.

Già a marzo, in sede di varo dei nuovi stimoli monetari contro la crisi, l’istituto aveva rinunciato per la Grecia alla clausola con cui per statuto non potrebbe acquistare titoli “junk”. In questo modo, sta già potendo rastrellare sul secondario anche bond ellenici, facendone scendere i rendimenti. La Federal Reserve ha deciso a marzo stesso di sostenere esplicitamente il mercato corporate “spazzatura”, che non a caso ha assistito a un crollo dei rendimenti e a un deciso restringimento degli spread. A questo punto, sembra davvero solo questione di settimane o mesi prima che la BCE segua l’esempio.

Il confronto con il mercato USA

Le obbligazioni emesse in euro nell’Eurozona e con rating “high yield” sono esplose a un rendimento massimo dell’8,10%, toccato il 23 marzo scorso.

Da allora, si sono gradualmente apprezzate, tanto che giovedì scorso offrivano un rendimento medio del 5,82%. Gli spread con la curva sovrana di riferimento nell’area si sono ristretti da 866 a 640 punti base, pur restando su livelli più che doppi rispetto a febbraio, risentendo del clima di maggiore avversione al rischio sui mercati. Lo stesso è accaduto negli USA con le obbligazioni “junk” in dollari: rendimenti crollati da un massimo dell’11,38% all’8,28%.

Scommettere sul mercato “junk” in euro e dollari: rendimenti fino al 13%

Questi numeri ci dicono che attualmente un titolo in dollari offre il 2,46% in più di uno in euro, ma all’apice delle tensioni sui mercati era arrivato a offrire ben il 3,28% in più. Si consideri che a febbraio, prima che queste tensioni esplodessero, il differenziale di rendimento si attestava a 258 punti base, sempre a favore dei bond in euro. Cosa significa? Al momento, i bond in dollari di qualità più bassa sono diventati relativamente più cari di quelli in euro, rispetto a febbraio. E ciò sarebbe dovuto proprio al fatto che la Fed si già scesa in campo in loro difesa, contrariamente alla BCE, la cui azione in tal senso è stata parziale.

Certo, sembra che il mercato abbia grosso modo scontato che ciò prima o poi accadrà anche nell’Eurozona, ma continuerebbe ad esservi valore nei titoli degli emittenti meno sicuri dell’unione monetaria, anche perché con una discesa della BCE a tutto campo, il grado di rischio di questi titoli si dovrebbe abbassare. Monitorando il Bloomberg Barclays Euro High Yield Bond UCITS ETF, scopriamo che da febbraio ha perso poco meno dell’11%, pur in rialzo dell’8% rispetto ai minimi toccati a marzo. Siamo lontani da una normalizzazione, ma il recupero è in corso e la prospettiva di una Francoforte costretta tra non molto a correre in difesa delle società con rating speculativo sostiene questo trend rialzista.

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