Il conto in banca degli italiani si è “gonfiato” di altri 60 miliardi di euro nei primi otto mesi dell’anno, arrivando a 1.800 miliardi. Un atteggiamento apparentemente strano quello dei risparmiatori, data l’inflazione in forte ascesa. E’ salita al 2,5% nel mese di settembre, ai livelli massimi da inizio quasi nove anni. Dati i rendimenti in risalita, sarebbe stato meglio un investimento nei titoli di stato?

La risposta va ricercata nei numeri. Secondo l’Associazione bancaria italiana, ad agosto il tasso d’interesse medio praticato dalle banche a favore della clientela è stato dello 0,46%, in lievissima crescita dallo 0,45% di luglio.

Il dato comprende, però, le obbligazioni bancarie, le quali nello stesso mese rendevano la media dell’1,79%. Tolto di mezzo questo asset, il tasso medio percepito dai risparmiatori, compresi i detentori dei pronti contro termine, risulta di appena lo 0,30%.

Tenete conto che in agosto l’inflazione italiana si era attestata al 2%. Praticamente, sui 1.800 miliardi di risparmi accreditati sul conto in banca, la perdita reale avrebbe toccato i 32 miliardi. E i titoli di stato? Nello stesso mese, il rendimento medio offerto sul mercato secondario e ponderato per le scadenze è stato dello 0,26% lordo, pari allo 0,2275% netto. Si tratta di un dato ancora più basso del già striminzito tasso d’interesse medio delle banche.

Conto in banca non confrontabile con BTp

A settembre, però, tale rendimento lordo risultava già salito allo 0,37%, ma a fronte di un’inflazione del 2,5%. Non sappiamo ancora quale sia stato il tasso d’interesse praticato mediamente dalle banche italiane quel mese, anche se difficilmente si sarà discostato in misura rilevante dal dato di agosto. E c’è una differenza: il conto in banca può essere senza vincoli, cioè il titolare può prelevare in qualsiasi momento senza preavviso, oppure vincolato fino a generalmente 36-48 mesi. I titoli di stato, invece, hanno mediamente una durata superiore ai 7 anni e se sono rivenduti prima della scadenza, espongono l’obbligazionista alla volatilità dei prezzi sul mercato.

In conclusione, conto in banca e investimento in titoli di stato non sono direttamente confrontabili, pur trattandosi di due categorie a bassissimo rischio di credito. Peraltro, se un risparmiatore volesse investire in un BTp di durata medio-corta, avrebbe a che fare con perdite certe fino almeno alla scadenza dei 3 anni, a causa dei rendimenti negativi. Chissà che tutta questa liquidità in banca non sia in attesa di essere impiegata in asset più redditizi, compresi gli stessi titoli di stato?

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