Il colosso aereo tedesco non sta passando un buon momento, come del resto tutte le sue concorrenti sui cieli internazionali. A causa dell’emergenza Covid, che ha fatto schiantare la domanda di passeggeri, Lufthansa è stata parzialmente nazionalizzata, con lo stato tedesco ad avere temporaneamente acquisito il 20% del capitale, iniettandovi liquidità per svariati miliardi di euro. E nelle scorse settimane, il management ha raggiunto un’intesa con i sindacati per tagliare i costi del lavoro di 200 milioni. Sono previsti esuberi per 22 mila dipendenti.

La società non prevede di tornare al numero dei passeggeri pre-Covid prima del 2025.

Del resto, proprio con l’arrivo dell’autunno le aspettative del settore si sono ridimensionate alla velocità della luce. Si pensava di raggiungere finanche l’80% dei passeggeri rispetto all’ultimo bimestre dello scorso anno, ma adesso sarà considerato un successo arrivare anche solo al 50%. Ovunque, tra restrizioni imposte dai governi e la paura di volare i contagi sta portando a un collasso delle prenotazioni sotto Natale, l’unico periodo di respiro per le compagnie nella lunga stagione invernale, quando i costi tendono nettamente a superare i ricavi.

Parallelamente alle difficoltà sono saliti i rendimenti delle obbligazioni Lufthansa. Nei giorni scorsi è stato emesso un bond con scadenza 29 maggio 2026 e cedola 3% (ISIN: XS2265369657) per l’importo di 1 miliardo di euro. Attualmente, alla Borsa di Lussemburgo tratta a 100,44, cioè poco sopra la pari, offrendo intorno al 2,90%. Mica male per un’obbligazione della durata di nemmeno 5 anni e mezzo. Certo, parliamo di un titolo corporate, ma considerate che per la medesima scadenza il BTp offre anche meno di zero.

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Il bond “callable” 1975

Spostandoci sulle scadenze ultra-lunghe, troviamo un altro bond Lufthansa a dir poco appetibile: data di rimborso 12 agosto 1975 e cedola 5,125% (ISIN: XS1271836600), ma con “call” al 2021. Sul secondario tratta a meno di 92 centesimi, quando prima del Covid si attestava anche sopra 105.

Il titolo può essere rimborsato dal 12 febbraio 2021, cioè tra poche settimane. Se così non fosse, la cedola passerebbe da fissa a variabile e fino al 12 febbraio 2026 offrirebbe il tasso swap a 5 anni più lo spread iniziale. Per questo, non è possibile capire a priori l’entità del tasso. Ai livelli attuali vigenti sul mercato, dovremmo stimare la prossima cedola in area 5% annuo per il caso di mancato esercizio dell’opzione di rimborso anticipato.

Nello specifico, quindi, si va incontro a diversi rischi. Il primo riguarda proprio l’esercizio della “call” da parte della compagnia: chi inserisce il titolo in portafoglio per godere di un flusso di reddito elevato potrebbe presto trovarsi spiazzato dall’eventuale richiamo del titolo. Certo, percepirebbe una buona plusvalenza, frutto della differenza tra valore nominale e prezzo di acquisto, ma i guadagni finirebbero lì. E non è questo lo scenario scontato dal mercato. Il secondo rischio è di credito. Difficile che una Lufthansa parzialmente pubblica venga fatta fallire, ma in uno scenario avverso lo stato tedesco interverrebbe con nuovi capitali solo dopo che i creditori privati abbiano partecipato alle perdite, attraverso eventualmente una ristrutturazione delle scadenze da non scartare come ipotesi remota.

Infine, la volatilità. Avendo una “duration” elevata, il bond è molto sensibile alle variazioni dei rendimenti di mercato, a loro volta dipendenti dall’evoluzione della crisi del settore. Se la ripresa dei voli non fosse vicina, i prezzi resterebbero bassi a lungo, forse continuerebbero a cedere, infliggendo perdite virtuali all’obbligazionista o negandogli la possibilità di rivendere per evitarle.

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