Duro colpo per il negoziato in corso tra Argentina e creditori esteri. Il governo di Buenos Aires ha annunciato ieri di avere rinviato la scadenza del pagamento del bond AF20 da questo giovedì al prossimo settembre. Il ministro delle Finanze, Martin Guzman, ha usato parole dure contro la precedente amministrazione Macri, uscita sconfitta alle elezioni dello scorso autunno, affermando che con questa emissione risalente al luglio 2018 avrebbe reso insostenibile il pagamento in una condizione macroeconomica già fragile. Sul bond in questione, ha aggiunto, continueranno ad essere pagate le cedole, mentre il capitale verrà saldato a settembre per comprenderlo nella massa delle obbligazioni soggette alla richiesta ristrutturazione del debito.

I creditori dell’Argentina faranno i conti con quest’uomo

Il titolo venne emesso al valore nominale corrispondente a 1,55 miliardi di dollari, ma essendo stato agganciato al tasso di cambio e avendo perso questo da allora circa il 55%, il sacrificio imposto alle casse statali sarebbe risultato nettamente superiore, lievemente alleviato dallo “swap” di pochi giorni fa per 164 milioni e che ha avuto ad oggetto tre bond in scadenza nel 2021. Anche per via delle peculiarità dell’emissione, Buenos Aires ha imposto nei fatti ai creditori un “roll over” di circa 7 mesi. Risultano esentati, però, gli obbligazionisti in possesso di bond per un controvalore non superiore a 20.000 dollari, ai quali il pagamento del capitale verrà corrisposto domani.

La decisione ha sorpreso e allarmato il mercato, essendo avvenuta senza consultare gli obbligazionisti coinvolti, sebbene il titolo sia stato emesso sotto la legge argentina, la quale certamente prevede minori tutele per i creditori rispetto alla legge americana a cui soggiacciono le emissioni sui mercati internazionali. Questo modus operandi non sta piacendo agli investitori, che temono azioni unilaterali del governo anche verso i 100 miliardi di dollari di obbligazioni internazionali, sui quali il presidente Alberto Fernandez punta a ottenere l’ok per la ristrutturazione entro la fine di marzo.

Mercato in allarme, bond giù

Il bond gennaio 2027 e cedola 6,875% (ISIN: US040114HL72), denominato in dollari, ha perso ieri l’1,41%, scendendo a 49 centesimi. Male anche il Sink in euro dicembre 2033 e cedola 7,82% (ISIN: XS0205545840), arretrato dell’1,71% a 57 centesimi. Peggio ancora ha fatto il bond secolare in dollari, che scadrà nel lontano 2117 e con cedola 7,125%, perdendo il 3,17% e scivolando a 45,50 centesimi. E dire che proprio le lunghe scadenze sarebbero teoricamente più al riparo dall’attesa ristrutturazione.

Il fatto è che ieri Guzman ha spiegato chiaro e tondo che “a queste condizioni, il debito è insostenibile” e l’inasprimento dei toni allontanerebbe una soluzione morbida, anche perché nelle prossime ore il ministro incontrerà i vertici del Fondo Monetario Internazionale, ai quali chiederà un allungamento delle scadenze sui 44 miliardi di dollari ricevuti in prestito nel biennio scorso, senza in cambio dover attuare politiche di austerità fiscale, giudicate irricevibili in questa fase. Ma l’FMI difficilmente potrà ammorbidire la sua posizione, senza ottenere prima il coinvolgimento dei creditori privati nelle perdite. Fin qui, abbiamo escluso l’ipotesi del cosiddetto “haircut”, il taglio nominale dei bond. Ma se sarà semplice “roll over”, difficile immaginare che avvenga solo per qualche anno.

Bond Argentina, quale ristrutturazione e perché le brevi scadenze fanno peggio

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