Liz Truss è la terza premier donna del Regno Unito dopo Margaret Thatcher (1979-1990) e Theresa May (2016-2019). Succede a Boris Johnson, il cui governo è caduto in estate travolto da diversi scandali, principalmente il famoso “party-gate”. Con la nomina ricevuta dalla Regina Elisabetta II, almeno momentaneamente la crisi di Gilt e sterlina inglese sembra essersi arrestata. Il rendimento a 10 anni era all’1,80% a inizio agosto, salito nelle ultime sedute sopra il 3%. Un vero collasso per i titoli di stato UK, provocato dalle previsioni nere sull’inflazione nel regno.

Goldman Sachs la stima fino all’apice del 22% nei primi mesi del 2023. Anche in questo caso, la crisi energetica è la causa principale del boom dei prezzi al consumo.

La Banca d’Inghilterra non ha frenato l’indebolimento del cambio, tant’è che la sterlina è scivolata ai minimi da metà anni Ottanta a un tasso di cambio fino a 1,1450. Da inizio anno, le perdite sono arrivate a superare il 15%. Un copione che si è ripetuto in questi mesi con l’euro. Ma l’istituto ha qui alzato i tassi d’interesse già a 1,75%.

Piano taglia-bollette di Liz Truss

Perché Gilt e sterlina hanno salutato ieri l’ingresso di Liz Truss a Downing Street con un minimo rialzo? L’effetto psicologico forse vale molto poco, mentre inciderebbe il piano gigantesco che la nuova premier ha in mente di presentare per combattere il caro bollette. Secondo Bloomberg, ammonterebbe a 170 miliardi di sterline, qualcosa come oltre il 5% del PIL. Di questi, 130 miliardi andrebbero alle famiglie e 40 miliardi alle imprese per i prossimi 18 mesi.

Il piano consisterebbe nel disattivare gli aumenti delle bollette della luce dell’80%, che scatterebbero da ottobre. In media, a carico di ciascuna famiglia sarebbe posto un tetto di 2.500 sterline all’anno sulla base dei consumi ordinari. La differenza alle aziende fornitrici la pagherebbe lo stato. Se attuato, questo mega-piano conterrebbe l’inflazione nei prossimi mesi e consentirebbe, quindi, ai Gilt di tenere botta.

Crisi Gilt tutt’altro che finita

Tuttavia, si fa presto a parlare di fine della crisi dei bond UK. Se da un lato la minore inflazione favorirebbe la ripresa delle quotazioni, dall’altro sarebbe perseguita attraverso un aumento delle emissioni di debito pubblico. Aumentando l’offerta, a parità di domanda i prezzi non potranno che scendere. Oltretutto, a differenza che negli anni passati la Banca d’Inghilterra sta alzando i tassi e riducendo la liquidità in circolazione. Entro un anno, ha in programma di tagliare i Gilt in portafoglio di 80 miliardi di sterline, meno di un decimo degli 875 miliardi acquistati tra il 2009 e il 2020.

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