Il Sudafrica è una grande potenza economica nel continente, ma se prima del Covid si mostrava già in grande affanno, adesso rischia il collasso. Il pil è sceso del 2% annuo nel primo trimestre, mentre nel secondo potrebbe aver registrato un crollo del 30%. La crisi economica è così severa, che il paese ha ricevuto aiuti del Fondo Monetario Internazionale per 4,3 miliardi di dollari, i primi della sua storia. Ma il deficit galoppa e l’economista Mike Schlusser stima il gap tra entrate fiscali e spesa dello stato in almeno 50 miliardi di rand all’anno e in peggioramento a 60-65 miliardi, tendendo alla cifra spaventosa di 700 miliardi in un anno.

Se questi numeri si rivelassero esatti, il deficit pubblico nel 2020 esploderebbe ben sopra il 10% del pil. E solo per circa un decimo sarà stato coperto dall’FMI.

Il debito pubblico si attestava al 62% nel 2019, ma di questo passo e senza riforme dovrebbe schizzare al 140% entro la fine del decennio. Parliamo di una percentuale considerata da allarme default, tant’è che diversi paesi sono andati a gambe per aria quando l’hanno superata, tra cui la Grecia e di recente il Libano. E scoraggia pensare che il rapporto debito/pil fosse solo al 28% nel 2007, prima della precedente crisi finanziaria globale. La sfiducia dei mercati verso il Sudafrica è così elevata, che il rand ha perso il 23,5% contro l’euro da inizio anno.

I rendimenti delle obbligazioni sovrane risultano essere elevate anche dopo avere tenuto conto dell’inflazione. Il decennale offre il 9,27%, il biennale il 4,43%. I prezzi al consumo sono cresciuti del 2,2% a giugno su base annua e i tassi della Reserve Bank of South Africa restano fissati al 3,50%.

I titoli in rand del Sudafrica hanno reso fino al 30% in due mesi

Bond Sudafrica rimangono rischiosi

Eppure, l’outlook per il debito sovrano non sembra affatto positivo. Dopo aver perso definitivamente nei mesi scorsi il rating “investment grade”, su di esso si addensano le nubi di una paralisi politica, che con il presidente Cyril Ramaphosa sembrava destinata a sbloccarsi.

Ma le riforme non arrivano e la crescita risulta bassa ormai da circa un decennio. Il governo si è impegnato a tagliare la spesa pubblica di 230 miliardi di rand per i prossimi due anni, ma si tratta perlopiù di “congelare” gli stipendi pubblici cresciuti negli anni passati sopra l’inflazione e che lo stesso esecutivo aveva programmato di continuare ad aumentare.

Il vero sostegno ai bond sta arrivando dalla banca centrale, che ne ha acquistati in tutto 38,4 miliardi di rand al 31 luglio scorso, pur dimezzando il ritmo nel mese scorso, mettendone in portafoglio per soli 2,5 miliardi. Per contro, gli investitori stranieri hanno ridotto la loro quota al 30,1%, il livello più basso da 8 anni a questa parte, pur restando relativamente elevato per un’economia emergente. Si pensi che la Turchia, ad esempio, con un pil nominale doppio vede al momento gli stranieri detenere appena il 5% del suo debito pubblico, giù dal 32% del 2013.

Il governo di Ramaphosa è considerato molto a rischio. Senza una ripartenza dell’economia, probabile che collasserà, considerando che prima del Covid la disoccupazione nel paese si attestasse al 30%. Non esistono, quindi, grossi spunti per valutare positivamente un investimento sul mercato obbligazionario domestico. Gli alti rendimenti reali sono la spia di una sfiducia degli investitori verso Pretoria, al suo momento più difficile dai tempi dell’apartheid.

I bond sudafricani non comprano il taglio dei tassi, cresce il rischio

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