In seno all’Europa, la Polonia può essere considerata una piccola Cina, se è vero che nell’ultimo quarto di secolo, il reddito pro-capite si è quasi quintuplicato, salendo nel 2019 a oltre 13.700 euro. E’ la storia di successo di un’economia emergente, capace di riprendersi dai disastri del comunismo in un lasso di tempo relativamente breve. Il suo mercato obbligazionario si mostra allettante da un lato, poco dall’altro. In effetti, se leggiamo la curva delle scadenze, ci accorgiamo che Varsavia offre per il suo decennale il 2,13%, un livello non certo entusiasmante.

Sulle scadenze medio-brevi si rimane nel range 1-1,50%. Insomma, nulla di esaltante.

Ma di questi tempi, in cui i BTp e i titoli di stato della Grecia rendono intorno o meno dell’1% sui 10 anni, pur essendo i bond più generosi di tutta l’Eurozona, i livelli polacchi non sembrano proprio da buttare. Anche perché è vero che la Polonia non fa parte dell’unione monetaria e, pertanto, investire sul suo mercato obbligazionario comporta l’assunzione del rischio di cambio, ma lo zloty è agganciato all’euro, tant’è che nell’ultimo anno è rimasto sostanzialmente stabile.

Nel frattempo, però, come nel resto del mondo, anche i titoli polacchi hanno vissuto il loro rally. I decennali sono scesi di una sessantina di centesimi in 12 mesi, per non parlare del “green bond” emesso in euro nel marzo scorso con scadenza nel lontano marzo 2049 e cedola 2% (ISIN: XS1960361720), apprezzatosi di quasi il 30%. Guadagno netto per un investitore dell’Eurozona. E non è l’unica obbligazione in euro che strizza l’occhio all’ambiente. La scadenza agosto 2026 e cedola 1,125% (ISIN: XS1766612672), quotata all’EuroMoT, ha reso in pochi mesi il 7%.

Dati macro ok, con qualche avvertenza

Sempre in euro, abbiamo il quinquennale a tasso fisso del 5,25% gennaio 2025 (ISIN: XS0479333311), sceso lievemente di prezzo nell’ultimo anno e che quota sopra 127, offrendo così un rendimento alla scadenza del -0,22%.

Meglio lasciare stare i rendimenti negativi, a meno che non si abbia voglia di scommettere su un ulteriore rialzo delle quotazioni. Sulle prospettive, però, bisogna fare attenzione. Proprio per l’aggancio dello zloty all’euro, la banca centrale polacca può permettersi ancora meno degli altri istituti di ignorare i fondamentali. L’inflazione è salita nell’ultimo anno dall’1% al 3,4%, a fronte di tassi d’interesse rimasti fermi all’1,5%.

Se i tassi non verranno alzati e l’inflazione restasse a questi livelli o accelerasse, lo zloty si deprezzerebbe e minaccerebbe la tenuta contro la moneta unica. Per evitare ciò, eventualmente i tassi dovrebbero salire, ma ciò impatterebbe negativamente sui prezzi delle obbligazioni polacche, infliggendo perdite virtuali agli investitori speculativi. Per il resto, la situazione macro si mostra abbastanza positiva. L’economia cresce a ritmi del 4-5% all’anno, il debito pubblico rimane in zona 50% del pil, il bilancio pubblico è stato risanato negli ultimi anni e dopo cronici deficit pesanti ha centrato il pareggio, così come la bilancia commerciale ha finalmente esitato saldi attivi e lo stesso vale per le partite correnti.

Le riserve valutarie polacche sono aumentate del 50% in 10 anni, salendo a oltre 128 miliardi di dollari, sufficienti a garantire le importazioni di Varsavia per circa mezzo anno. Insomma, il quadro è favorevole e ciò spiega i bassi rendimenti e i rating relativamente robusti, con S&P ad assegnare “A-” e Moody’s “A2”. Sul piano politico, il paese si caratterizza per un rapporto molto dialettico con l’Unione Europea e questo può creare qualche apprensione sui mercati finanziari di tanto in tanto, sebbene nulla di paragonabile alle tensioni che hanno ad oggetto l’Italia nei momenti in cui litiga con i commissari europei.

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