I rendimenti sovrani italiani sono in discesa da diverse sedute dopo essere arrivati ai massimi da metà 2019. Il BTp a 10 anni offre oggi meno dell’1,80% dall’oltre il 2% di San Valentino. Lo spread con i Bund si è ristretto sotto 160 punti dagli oltre 180 di settimana scorsa. Se ci spostiamo sulle scadenze più lunghe, il miglioramento diventa ancora più visibile. Il BTp 2072 da metà febbraio sale di circa il 4% e scende di rendimento da quasi 3% a meno di 2,80%.

A cos’è dovuta l’inversione di tendenza? Essenzialmente, alla guerra ucraina.

La tensione sui mercati finanziari è arrivata alle stelle. Tra rischio di uno scenario bellico di lunga durata nel cuore d’Europa, sanzioni contro la Russia e contro-sanzioni russe rivolte ad Europa e Nord America, tra gli investitori si registra il fuggi fuggi a favore dei “safe asset”. Inevitabili gli acquisti di titoli di stato, tra cui BTp.

Contemporaneamente, le borse stanno scivolando. Le azioni sono percepite più rischiose, dato che le imprese potrebbero trovarsi dinnanzi a un quadro macro meno favorevole alla crescita e, quindi, farebbero maggiore fatica a produrre utili. Detto questo, non stiamo assistendo a un vero travaso di capitali dal comparto azionario a quello obbligazionario. Semmai, il secondo ha momentaneamente cessato di arretrare dopo settimane.

Ripresa dei BTp a lungo?

Per quanto tempo durerà questa inattesa nuova vitalità dei BTp? A parere di chi scrive, non molto. E’ vero che la guerra ucraina spinge all’acquisto dei beni rifugio, ma allo stesso tempo surriscalda ulteriormente le aspettative d’inflazione. Il petrolio è tornato in prossimità dei 100 dollari al barile, così come il gas è salito sopra 100 euro per megawatt-ora. Tutto questo deprime i rendimenti reali già negativi e farà sì che, passata la fase più acuta della paura, gli investitori adocchino altri asset difensivi contro il carovita, in primis l’oro. Non a caso, la quotazione di quest’ultimo si è portata ormai sopra 1.900 dollari l’oncia.

Di questo passo, immaginare che l’inflazione ristagni alle percentuali elevate di questi mesi in Europa e Nord America è diventato lo scenario principale con cui fare i conti. Ed esso è incompatibile con il calo ulteriore dei rendimenti obbligazionari. Diciamo questo anche indipendentemente dalle prossime mosse di politica monetaria della BCE. Quand’anche la guerra ucraina allontanasse il rialzo dei tassi sui timori di una stagnazione economica dell’Eurozona, il mercato non si mostrerà quasi certamente capace di sostenere rendimenti nominali ancora più bassi, specie con aspettative d’inflazione crescenti. Un BTp a 10 anni all’1,80% con un’inflazione che forse a gennaio supererà il 5% non è accettabile, guerra o non guerra.

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