Si avvicina il prossimo board della BCE, che in piena estate ci fornirà elementi di estremo interesse sui prossimi passi di politica monetaria per l’Eurozona nei mesi a venire e, anzi, non è escluso che esiti già un taglio dei tassi “overnight”, quelli imposti alla liquidità parcheggiata presso l’istituto dalle banche dell’area, in eccesso rispetto ai coefficienti obbligatori minimi. Il tasso è da anni fermo al -0,4%, implicando che le banche siano costrette a pagare la BCE per depositarvi denaro.

La mossa, se confermata, colpirebbe ulteriormente i margini degli istituti, ma un documento della Danske Bank ci spiega perché essa si mostra necessaria.

Perché la BCE dovrà evitare a tutti i costi l’inversione della curva delle scadenze

In sintesi, ci spiega che se la BCE si limitasse a varare un secondo ciclo di “quantitative easing”, la liquidità iniettata sul mercato attraverso l’acquisto dei bond a Francoforte tornerebbe proprio nelle casse di quest’ultima, in quanto le banche di prestare più denaro non avrebbero alcuna intenzione. E allora, serve eventualmente accompagnare il QE2 con un nuovo taglio dei tassi overnight, così da scoraggiare le banche stesse a depositare ancora più liquidità presso la BCE.

Scadenze brevi dei BTp beneficiarie?

Se questo è vero, dovremmo attenderci che i rendimenti sovrani nell’area continuino probabilmente ad arretrare e, in particolare, sulle scadenze medio-brevi della periferia. I Bund della Germania scontano già palesemente un tasso overnight inferiore al -0,4% attuale, con la scadenza a 2 anni a offrire il -0,74%. Il BTp di pari durata, invece, solo da qualche seduta rende appena sotto lo zero, mentre Bonos e bond portoghesi biennali viaggiano poco sopra il -0,50%. Poiché le scadenze brevi risentono direttamente della politica monetaria, per quanto detto i titoli “core” e quelli di parte della cosiddetta “semi-periferia” avrebbero già scontano l’allentamento di Francoforte e difficilmente gli investitori si spingeranno oltre.

Da qui, la possibile discesa dei rendimenti proprio per i BTp a breve termine, in quanto gli unici nell’area, escludendo la Grecia, a non avere ancora incorporato le aspettative del taglio. Oltre tutto, i nostri bond si mostrano molto più volatili della media europea, risentendo delle tensioni politiche e finanziarie domestiche. Per questo, il mercato resta cauto sulle scadenze più longeve, quelle i cui prezzi varierebbero di più con anche minime variazioni dei rendimenti. Per intenderci, l’1% in più per il BTp 2067 equivale a una quotazione del 25% più bassa. E quanto accaduto nel corso dello scorso anno, quando il decennale è quasi raddoppiato fino a un massimo del 3,75%, indurrebbe gli investitori a frenarsi dallo scommettere sulle pur generose scadenze lunghe italiane.

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Dunque, nel caso di un secondo giro di QE, accompagnato quasi certamente dal taglio dei tassi overnight (a dire il vero, è il primo provvedimento a restare ancora in dubbio), a beneficiarne sarebbero particolarmente le scadenze brevi dei BTp, in quanto offrirebbero alle banche la possibilità di non esporsi a lungo verso il mercato sovrano tricolore, riuscendo al contempo a spuntare rendimenti superiori al tasso negativo da pagare alla BCE sulla liquidità in eccesso.

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