Appena una settimana fa, il Tesoro emetteva i primi bond dalla nascita del nuovo governo a guida Mario Draghi, riuscendo nell’impresa di attirare ordini per 134 miliardi di euro, di cui 110 miliardi per la nuova scadenza “benchmark” a 10 anni. Il secondo titolo era il BTp€i 15 maggio 2051 e cedola reale 0,15% (ISIN: IT0005436701). Collocato a un prezzo di 99,208 centesimi, il rendimento alla scadenza era risultato dello 0,177%. Esso si confrontava con l’1,50% offerto dal BTp a 30 anni con cedola fissa, per cui il tasso d’inflazione atteso verosimilmente dal mercato per la media dei prossimi tre decenni nell’Eurozona sarebbe stato di poco superiore all’1,30%.

Ieri, lo stesso bond saliva rispetto alla prima seduta di venerdì scorso, quando la quotazione aveva archiviato la giornata a 94,71 centesimi, ma rimanendo pur sempre sotto i livelli di emissione, cioè a 96,42 centesimi. A questi livelli, il rendimento del BTp€i 2051 risulta lievitato a quasi lo 0,28%, cioè dello 0,10% o 10 punti base in più in meno di una settimana.

Asta BTp, Draghi attira capitali per 134 miliardi su scadenza fissa a 10 anni e cedola variabile a 30 anni

Per chi non avesse ancora acquistato il titolo, si tratta di una buona notizia. Chi lo acquista oggi può mettere le mani su un rendimento reale più alto rispetto a una settimana fa, grazie al fatto che il prezzo sia sceso. Nel caso di reflazione europea, quindi, avrà inserito in portafoglio, e a condizioni molto positive di questi tempi, un bond che protegge contro la perdita del potere di acquisto.

Il vantaggio del BTp€i a 30 anni

Lo scenario più interessante sarebbe quello di un “surriscaldamento” dell’inflazione media nell’Eurozona superiore rispetto a quella italiana. Infatti, il BTp€i è indicizzato alla prima, come del resto fa intendere chiaramente la stessa denominazione. E ciò lo differenzia dal BTp Italia, che è agganciato all’inflazione italiana.

In genere, non sussistono grosse differenze tra i due dati, vista la convergenza tra i diversi tassi d’inflazione nazionali nell’area dalla nascita dell’euro. Tuttavia, nell’ultimo decennio abbiamo imparato ad assistere a un fenomeno piuttosto inconsueto per la storia economica moderna: l’inflazione italiana è risultata inferiore a quella tedesca e, in generale, a quella dell’Eurozona.

Ciò non è avvenuto per caso, ma in conseguenza della più bassa crescita economica del Bel Paese e, quindi, della minore vivacità dei consumi. Adesso, ci troviamo in una fase cruciale per l’economia mondiale. Dopo il Covid, il PIL dovrebbe rimbalzare presso un po’ tutti gli stati, trainando i prezzi al consumo. E un primo assaggio lo abbiamo avuto a gennaio, quando l’inflazione nell’unione monetaria è schizzata allo 0,9% dal -0,3% del mese precedente. In Italia, siamo passati dal -0,2% allo 0,4%, confermando la sensazione che la nostra economia sarà meno capace di assorbire velocemente lo shock della pandemia e si mostrerà probabilmente meno dinamica in fatto di ripresa dell’indice dei prezzi.

Se l’inflazione nell’area crescesse per diversi anni nettamente più di quella italiana, il BTp€i 2051 per un investitore del Bel Paese si rivelerebbe un buon investimento. Infatti, egli godrebbe di una rivalutazione della cedola e del capitale a tassi superiori rispetto alla perdita del potere di acquisto subita in patria. Quel differenziale positivo si andrebbe a sommare allo 0,28% reale ieri offerto dal bond, rendendo quest’ultimo davvero appetibile. Ricordatevi che ci troviamo in una fase, nella quale non è consentito pretendere rendimenti reali anche solo lontanamente positivi sulle lunghe scadenze per i “safe assets”.

BTp€i 2051, bond molto indicato per i fondi pensione

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