Il fondo sovrano del Giappone ha annunciato di avere innalzato dal 15% al 25% il target per la sua quota di investimenti sui mercati obbligazionari all’estero. E’ stato cambiato anche il presidente del fondo, che avrà come primo obiettivo la nomina del nuovo responsabile per gli investimenti. La notizia è di grande interesse per i mercati finanziari. Alla fine del dicembre scorso, quello che è formalmente un ente pensionistico dello stato nipponico disponeva di assets per 169.000 miliardi di yen, pari a 1.420 miliardi di euro.

Di questi, il 18,5% risultava investito in bond stranieri, poco meno del 19% massimo consentito per via della soglia di tolleranza del +/-4%, innalzata al 6%.

Di fatto, il fondo potrà investire sui mercati obbligazionari all’estero fino a un massimo di altri 21.125 miliardi di yen, circa 177,5 miliardi di euro. Rispettando la quota del 25%, invece, i maggiori acquisti ammonterebbero a 11.000 miliardi di yen. Per contro, la quota-obiettivo per i bond domestici si riduce dal 35% al 25%, mentre restano invariate quelle sugli investimenti azionari, al 25% ciascuna. Il mercato aveva sperato e scommesso, a dire il vero, su un aumento degli acquisti di azioni domestiche, anche perché il più grande fondo sovrano al mondo, quello della Norvegia, al mercato azionario globale dedica il 70% degli investimenti complessivi.

Nuovi investimenti dal Giappone sull’obbligazionario europeo?

Maggiori investimenti in Europa

La buona notizia per Europa e Nord America, in particolare, è che i flussi dei capitali dal Giappone sulle obbligazioni in euro e dollari aumenteranno. Ciò dovrebbe impattare negativamente sullo yen e rafforzare la moneta unica e il biglietto verde, ceteris paribus. Ma è probabile che a beneficiare maggiormente del cambio di policy del fondo siano le obbligazioni in euro, anziché quelle americane. Il dollaro continua a mostrarsi forte contro lo yen, ma il veloce allentamento monetario della Federal Reserve dovrebbe indebolirlo nel breve e medio periodo, mentre l’euro dovrebbe aver toccato il fondo, con la BCE ad avere ormai scarsi margini di manovra sui tassi, similmente alla Banca del Giappone.

In prospettiva, quindi, investire sui bond in euro si rivelerebbe per Tokyo un maggiore affare che con quelli in dollari, anche perché il costo di copertura dal rischio del cambio USA è salito, a fronte di rendimenti americani a lungo termine precipitati ai minimi storici. Una buona notizia per i BTp? Sì e no. I capitali giapponesi si rivolgeranno essenzialmente ai titoli di stato con rating elevati per evitare il rischio di volatilità e quello di credito, a tutela dei pensionati domestici. E i nostri bond non si rivelano i più adatti, specie a seguito della crisi alimentata dalla pandemia, per essere inseriti nei portafogli dei grandi fondi d’investimento, specie sovrani.

BTp in yen, ecco perché l’Italia punta ai capitali del Giappone

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