Oggi le consultazioni al Quirinale sono entrate nel vivo, perché dal presidente Sergio Mattarella sono salite le delegazioni dei principali partiti. Nella tarda mattinata è stata la volta del Partito Democratico, guidato al Colle dal segretario Nicola Zingaretti. Al centro dei colloqui, ovviamente, la soluzione per la crisi di governo, aperta dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, con la presentazione della mozione di sfiducia contro lo stesso esecutivo di cui fa parte. Prima che il leader dem uscisse dal Quirinale, il BTp a 10 anni aveva toccato un minimo “intraday” dell’1,288%.

Evidentemente, il mercato confida(va) nel successo del dialogo tra PD e Movimento 5 Stelle per la formazione del prossimo governo. Lo spread BTp-Bund decennale si era ristretto fino a 194 punti base.

Perché i BTp ultra-lunghi offrono un premio al rischio più basso nelle fasi di tensione

Con il passare dei minuti e delle ore, l’entusiasmo è venuto parzialmente meno. I BTp a 10 anni offrivano nel pieno pomeriggio odierno qualcosa come l’1,36%, mentre lo spread toccava i 199 bp. Non grosse variazioni, per carità, ma un possibile segnale che tra gli investitori sarebbe tornata una maggiore incertezza sulle sorti della crisi di governo. Come mai? Zingaretti, uscendo dal faccia a faccia con Mattarella, si è detto disposto a un’intesa con i 5 Stelle, ma “alle condizioni del PD”. E quali sarebbero? Tre quelle non negoziabili: accordo di massima sulla manovra di bilancio, cancellazione dei due decreti sicurezza (quelli di Salvini) e revisione del taglio dei parlamentari.

Le divisioni nel PD sul governo con i 5 Stelle

Questi paletti appaiono piuttosto forti e si sommano alla disputa con i 5 Stelle su chi possa guidare l’eventuale governo e chi dovrebbe farne parte. Sappiamo che Zingaretti sarebbe propenso a tornare al voto per impossessarsi dei gruppi parlamentari, sinora a stragrande maggioranza in mano all’ex premier Matteo Renzi.

Non a caso, i “renziani” sono su tutte le furie contro il segretario PD, fiutando il rischio di essere stati fregati con l’imposizione di diktat apparentemente inaccettabili per i pentastellati, cosa che precipiterebbe l’Italia ad elezioni anticipate. E in tal senso si sarebbe espresso nel corso dei colloqui lo stesso presidente Mattarella, che ha chiesto alle parti o di fargli il nome di un premier per un “governo politico di legislatura” entro lunedì o manderà gli italiani al voto.

I mercati, senza bisogno di dirlo, tifano per la soluzione “giallo-rossa”, ossia per un governo che si regga su PD e M5S. Le elezioni li spaventano, perché l’eventuale vittoria di Salvini, pur addolcita dalla coalizione di centro-destra su cui si reggerebbe la sua maggioranza, rischierebbe di portare allo scontro con la Commissione europea su capitoli come conti pubblici, politica estera e immigrazione. E sappiamo come hanno reagito lo scorso anno, quando Roma e Bruxelles hanno dato vita a una farsa evitabile sul deficit.

Intendiamoci, i mercati non hanno la sfera di cristallo, semmai reagiscono alle sensazioni. Tutto ancora può essere, che nasca un governo tra PD e M5S, che si torni alle urne sotto un esecutivo di transizione o anche che si ricomponga la frattura tra Lega e M5S. Per il momento, il secondo scenario più gradito agli investitori sarebbe che a Palazzo Chigi restasse Giuseppe Conte, specie dopo il discorso di commiato al Senato d’impronta europeista. Difficile, però, che possa realizzarsi per i veti sia di PD che della Lega. E allora, se non fosse governo di legislatura, l’ipotesi più avversata riprenderebbe quota. Sarà “sell-off”? Difficile ipotizzare vendite massicce di BTp nel caso di campagna elettorale, anche se lo spread risalirebbe e con esso anche i rendimenti sovrani italiani. E il Bund toccherebbe probabilmente nuovi minimi storici sulle tensioni politiche nell’area.

Ma con questo andazzo generale sull’obbligazionario mondiale, una vera crisi dei bond italiani non sarebbe all’ordine del giorno.

Perché la crisi del governo Conte vale solo 15 punti di spread

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