I rendimenti italiani sono risaliti ai massimi da due mesi, con la scadenza a 10 anni ad offrire oggi un rendimento dello 0,75%. Era sotto 0,55% non più tardi del 20 agosto scorso. Se volete farvi un’idea chiara sul trend di questa fase sul mercato sovrano italiano, basta che seguiate il BTp 2072 (ISIN: IT0005441883). E’ il titolo di stato di durata più lunga mai emesso dal Tesoro. Nella seduta odierna, la sua quotazione è scesa sotto la pari, a 99,50 centesimi. Ieri, aveva chiuso a 100,80.

Nel giro di pochissime ore, dunque, il BTp 2072 ha perso circa l’1,3%. Nello stesso tempo, ha visto salire il suo rendimento netto dall’1,85% all’1,90%. Parliamo di appena +0,05%. Nulla, per carità. Tuttavia, se moltiplichiamo tale maggiore rendimento per il numero di anni fino alla scadenza, otteniamo un +2,5%. Tanto in più si metterebbe oggi in tasca un obbligazionista che comprasse il bond a 50 anni rispetto a chi lo avesse comprato solamente ieri.

BTp 2072, prezzi giù e rendimenti su

Se allarghiamo lo sguardo a tre settimane fa, abbiamo che il BTp 2072 esibiva una quotazione del 5% più alta, a fronte di un rendimento dello 0,18% più basso. Ne consegue che oggi otteniamo un maggiore rendimento totale di oltre il 9%. Su un capitale di 100.000 euro, parliamo di +9.000 euro. Buttali via, in così breve tempo.

Il BTp 2072 tende a registrare grosse variazioni rispetto ai rendimenti, a causa dell’alta “duration”. I numeri di cui sopra ci fanno capire quanto sia importante indovinare il giusto “timing” per entrare sul mercato. Comprare un bond a prezzi troppo alti significa rinunciare a una quota significativa di rendimento e buttare via il proprio denaro. E chi ci dice se i prezzi siano alti o meno? Una piccola verifica la si ottiene scrutando i rendimenti storici della scadenza e confrontando quelli attuali con il tasso d’inflazione.

Dovremmo chiederci quanto segue: dovrei investire il mio capitale in un titolo che mi offre rendimenti reali negativi? Ancora oggi, malgrado il ribasso dei prezzi, il BTp 2072 rende meno dell’inflazione: 1,9% netto contro 2,1% per l’ultimo dato di agosto.

Impensabile che a lungo un asset, specie con rating medio-basso, possa reggere su questi livelli di prezzo. E’ l’accomodamento monetario della BCE a comprimere i rendimenti e già il solo avvicinarsi del board di domani, al quale dovrebbe discutersi il taglio degli acquisti con il PEPP, sta facendo ripiegare il mercato obbligazionario.

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