Quest’anno è stato paradossalmente stra-positivo per i titoli di stato italiani. A parte tra la metà di febbraio e la terza settimana di aprile, quando a seguito dell’emergenza Covid i BTp hanno rischiato una nuova crisi del debito sovrano, il tempestivo intervento (stavolta) della BCE non solo ha impedito che ciò accadesse, ma ha anche fatto schiantare i nostri rendimenti sovrani ai minimi di sempre. Oggi, ad esempio, sui 10 anni il Tesoro riesce a indebitarsi a meno dello 0,60% e fino ai 5 anni viene pagato dal mercato per farlo.

Come sempre capita quando si registra un sostenuto rally obbligazionario, a giovarsene maggiormente sono le scadenze più lunghe, quelle dalla “duration” più alta.

Il BTp 2067 segna nuovi record, ecco 3 motivi per comprarli e 3 per lasciare perdere

In Italia, il bond più longevo sinora emesso dal Tesoro è quello che scade l’1 marzo del 1967 e anche ribattezzato BTp “Matusalemme”. Sbarcò sul mercato nell’ottobre del 2016 con una cedola del 2,80% (ISIN: IT0005217390) e un rendimento di poco superiore. Da allora, ha vissuto alti e bassi e in queste settimane sta assestandosi sui massimi di sempre, in area 133. Chi lo acquistasse oggi, infatti, dovrebbe spendere quasi 1.330 euro per ogni 1.000 euro nominali di investimento, ottenendo un rendimento lordo annuo alla scadenza dell’1,58%.

La cedola può fuorviare, come vedete, sebbene il rendimento rimanga relativamente elevato. In effetti, alla scadenza il titolo infliggerebbe una perdita del 24,60% per via del minore prezzo rimborsato (100) rispetto all’investimento (133). Spalmata sui 46,23 anni residui di vita, la minusvalenza equivarrebbe allo 0,53% lordo in meno di rendimento. E la cedola, rapportata al prezzo di acquisto, scenderebbe a sua volta dal 2,80% nominale al 2,11% effettivo.

BTp e Bonos a confronto

Quest’anno, il BTp 2067 ha corso del 27%. A inizio 2020, offriva ancora un rendimento del 2,60%, che si confrontava con l’1,38% del Bonos luglio 2066 e cedola 3,45% (ISIN: ES00000128E2).

Il titolo a 50 anni di Madrid ha guadagnato anch’esso nel corso di quest’anno, ma “solo” il 13,3%. Oggi, rende lo 0,95%. Questo significa che tra i due bond lo spread si è dimezzato sostanzialmente ai circa 63 punti base attuali dai 122 di inizio anno. Una buona notizia per l’Italia, che accorcia le distanze con la Spagna. Evidentemente, il mercato percepisce il debito pubblico italiano relativamente meno rischioso di quello spagnolo rispetto a pochi mesi fa. In effetti, i “credit default swaps” a 5 anni sono scesi da 125 a meno di 104 punti base per l’Italia e saliti da 41 a 47 per la Spagna. Dunque, c’è una evidente convergenza nella percezione dei mercati. E lo si deve esclusivamente alla BCE, che con i suoi maxi-stimoli sta monetizzando tutti gli extra-debiti dell’Eurozona.

Cosa faranno i BTp 2067 da ora? Continueranno ad avvicinarsi ai livelli di rendimento spagnoli o saranno questi ultimi a risalire più in prossimità di quelli italiani? Molto dipenderà dall’inflazione. Se con la ripresa non si avessero avvisaglie di sostanziale reflazione, i rendimenti resterebbero bassi lungo la curva in tutta l’Eurozona e la caccia alla “yield” tra gli investitori andrebbe a beneficio del tratto lungo della curva italiana, il più remunerativo dell’area. Se oggi come oggi il cinquantennale italiano rendesse quanto quello iberico, i suoi prezzi si muoverebbero in rialzo di circa un altro 20%. Nulla impedirebbe ai rendimenti spagnoli di arretrare ulteriormente, attirando a sé ancora più in basso quelli italiani. Viceversa, se l’inflazione tornasse troppo presto, i rendimenti nell’area lieviterebbero e quelli a lungo termine italiani, nel migliore dei casi, resterebbero fermi.

L’inflazione nel 2021 determinerà il successo o il flop nel breve termine di questi bond

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