Record su record per i titoli di stato della Grecia, che nelle ultime sedute hanno visto scendere i rendimenti ai nuovi minimi storici, con il decennale a offrire l’1,34-5%. All’inizio di quest’anno, sembrava già un grande successo che fosse in area 4,40%, tanto che Atene si precipitava a raccogliere capitali sul mercato con emissioni a medio-lungo termine per approfittare dell’ottimo momento. E, invece, era solo l’inizio di un rally, che sembra destinato a proseguire. Société Générale ha invitato all’inizio di questo mese i suoi clienti a tenere i bond ellenici in portafoglio, perché “hanno valore”, sostenendo che verrebbero inclusi tra gli assets da acquistare con il “quantitative easing” della BCE, sebbene non posseggano ancora i requisiti minimi fissati allo scopo, cioè nessuna agenzia di valutazione assegna loro il rating “investment grade”.

Nessun ostacolo insormontabile per la banca francese, che nota come le regole di Francoforte siano “politiche”, cioè non scolpite sulla roccia.

E in questi giorni è arrivata un’apertura in tal senso anche dal governatore Mario Draghi, secondo cui “con ulteriori progressi sul lato delle riforme” non si può escludere che i bond della Grecia vengano inclusi nel programma di acquisti. Si badi bene, nemmeno l’italiano ha fatto riferimento al necessario upgrade da parte di almeno un’agenzia come condizione preliminare perché si realizzi tale inclusione. Dunque, sarebbe questione di mesi e i titoli del debito sovrano di Atene diverrebbero oggetto di acquisti da parte di Francoforte, uno scenario che probabilmente il mercato ha già scontato, facendo correre i prezzi come e più che altrove nell’area, ma che ugualmente non rimarrebbe senza conseguenze positive, nel caso si concretizzasse.

Miracolo della Grecia, che ora punta sulle banche per accelerare la crescita

Debito in Grecia altissimo, ma poco costoso

Per quanto elevatissimo in rapporto al pil (al 180%), il debito ellenico si mostra sostenibile, non fosse altro che per essere nelle mani dei creditori pubblici europei e, ormai in minima misura, del Fondo Monetario Internazionale per l’82%.

Allo stato attuale, rifinanziarsi sul mercato a medio-lungo termine costa ad Atene meno che pagare gli interessi ai colleghi dell’area, anche se fino alla fine del 2022 non è tenuta a farlo, né a rimborsare il capitale. Se la BCE acquisterà i suoi bond, il mercato verosimilmente sconterà un rischio ancora minore, anche per via della capacità del governo di fronteggiare le scadenze future a costi sostenibili e in linea con quelli fissati con i bailout internazionali degli anni passati.

La Grecia non avrà bisogno di ricorrere al mercato per rifinanziarsi fino al 2021, disponendo di liquidità per 26 miliardi di euro, qualcosa come 14-15 punti di pil, grazie ai prestiti europei non utilizzati e alle emissioni sovrane di quest’anno. Per quanto sarebbe logico che tale liquidità venisse impiegata per abbattere parte del debito stesso, il governo intende mantenerla per segnalare al mercato una forte capacità di onorare le scadenze imminenti, aldilà degli avanzi di bilancio, nonché probabilmente per affrontare al meglio la fine del periodo di grazia decennale concesso dai creditori pubblici europei nel 2012.

Si consideri che proprio i rendimenti a breve della Grecia appaiono ancora abnormemente elevati, in relazione a quelli vigenti nel resto dell’Eurozona, superando l’1% già per i titoli a 1 mese, sostanzialmente alla pari con i decennali. Sarebbero forse i beneficiari immediati di un eventuale inserimento dei bond ellenici nel programma di acquisto della BCE, spiazzando il mercato verso le scadenze più corte e abbassando il rischio sovrano percepito per il breve e brevissimo periodo.

La Grecia ha buttato oltre 100 milioni all’anno con il crollo dei rendimenti

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