Le obbligazioni di stato dell’Australia appaiono abbastanza generose di questi tempi. Il decennale offre l’1,29%, praticamente quasi quanto il BTp, con la leggera differenza che qui parliamo di bond con rating “AAA”, mentre l’Italia giace poco sopra il livello “spazzatura”. E se si guarda all’intera curva delle scadenze, scopriamo che non esiste un solo bond emesso da Canberra con rendimenti negativi, mentre i BTp viaggiano sottozero fino ai 2-3 anni. La presunta “generosità” del mercato obbligazionario australiano deriva dal difforme ciclo economico rispetto alle altre economie avanzate.

L’Australia cresce senza sosta dal 1991 e quest’anno, malgrado si fossero diffusi timori di recessione, il pil ha persino accelerato, pur crescendo nel terzo trimestre dell’1,4% su base annua, ai minimi da 10 anni a questa parte.

La Reserve Bank of Australia (RBA), che tiene i tassi ai minimi storici dello 0,75%, prevede per l’anno prossimo una crescita economica del 2,75% e per il 2021 del 3%. Eppure, quest’anno il dollaro locale o anche detto “aussie” ha perso quasi il 4% contro quello americano sulle tensioni commerciali tra USA e Cina. Il 35% delle esportazioni si hanno verso Pechino, il 3,5% verso gli States. E così, dopo avere toccato il minimo record dello 0,87% a fine agosto, il decennale è risalito all’1,29% e il biennale è passato dallo 0,62% di inizio ottobre allo 0,85% attuale. Con l’inflazione all’1,7% nel terzo trimestre, la RBA disporrebbe ancora di qualche margine per tagliare i tassi, ma tra allentamento delle tensioni USA-Cina e miglioramento dell'”outlook” economico domestico, il mercato obbligazionario non sconterebbe un simile scenario.

I pensionati australiani sosterranno i rialzi dei BTp?

Opportunità di acquisto con i bond australiani?

Cosa fare? Acquistare un decennale australiano allo stesso rendimento di un BTp sembra inutile, ma a parte il differente rating, che tende a sostenere i prezzi nelle fasi di incertezza, c’è anche la questione del cambio che andrebbe monitorata.

Se il “sell-off” di questi mesi, del tutto analogo all’andamento internazionale, è legato al miglioramento dei rapporti tra Washington e Pechino, ciò induce a ipotizzare che a rafforzarsi sia di conseguenza anche l’aussie, specie se venissero meno gli acquisti di dollari USA, sostenuti negli ultimi mesi dai rischi percepiti sui mercati internazionali.

Al contrario, se la situazione tra le due superpotenze non dovesse portare a una distensione nelle relazioni commerciali, la RBA quasi certamente taglierebbe i tassi di un altro quarto di punto percentuale e i rendimenti australiani tornerebbero a scendere, ossia i prezzi a salire. Certo, se il cambio continuasse a indebolirsi, impatterebbe negativamente sul valore degli investimenti dall’estero, ma si consideri un dato: mentre i bond sovrani e corporate nell’Eurozona godono ormai di scarsi margini per scendere ancora, non lo stesso dicasi per quelli australiani, i quali restano lunga l’intera curva nettamente sopra lo zero. Senza volere nemmeno immaginare che violeranno tale barriera al ribasso, in uno scenario avverso questi titoli avrebbero modo di apprezzarsi parecchio, specie nelle medio-lunghe scadenze e difficilmente i guadagni sarebbero del tutto annullati dall’effetto cambio, dato che l’euro continuerà a risentire da qui al medio periodo della debolezza della congiuntura nell’area.

Il mercato corporate australiano è interessante e rende la media del 7,5% dal 2009

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