Prima degli anni recenti, l’idea di acquistare obbligazioni con rendimenti negativi non era nemmeno presa in considerazione, semmai se ne discuteva sul piano teorico come di una stramberia destinata a rimanere tale. Oggi, non solo i rendimenti negativi esistono, ma incidono per una quota rilevante del totale dei bond emessi nel mondo. In Germania, l’intera curva delle scadenze sovrane giace sottozero e ieri il Bund 2050 zero coupon (ISIN: DE0001102481), emesso per la prima volta nella storia tedesca per una durata così longeva nell’agosto scorso, offriva il -0,50%.

In altre parole, chi lo avesse acquistato per mantenerlo in portafoglio fino alla scadenza avrebbe perso oltre il 15%.

BTp al collasso, è fuga verso Bund e Treasury

Quest’anno, il suddetto Bund risulta aver guadagnato il 31%, segno che il mercato si sia spostato sui titoli sicuri più duraturi, al fine di sfuggire ai rendimenti negativi più penalizzanti vigenti sulle scadenze meno lunghe. Apparentemente impensabile che si sia riusciti a fare soldi anche con un bond che non staccherà alcuna cedola fino alla fine e che, anzi, già da settimane è tornato a infliggere perdite ai possessori. Ma non pensate che sia il titolo più caro in circolazione. Il trentennale della Svizzera ieri si aggirava al -1,11% e quello a 50 anni al -0,63%.

Sulla scadenza a 10 anni esiste anche il Bundei, il titolo tedesco con cedola 0,50% legata all’inflazione (ISIN: DE0001030559). Ieri, quotava a 121,36, pari a un rendimento del -1,32%, 0,44% in meno del Bund con cedola a tasso fisso. Questa differenza equivale all’inflazione media annua attesa nel prossimo decennio. A inizio 2020, lo stesso Bundei viaggiava al -1,08%, mentre quello con cedola fissa rendeva il -0,19%, segnalando un “breakeven” dello 0,89%, oltre il doppio dell’attuale. Dunque, le aspettative d’inflazione nell’Eurozona si sarebbero di molto “raffreddate” nelle ultime settimane, segno tangibile del peggiorato umore tra gli investitori sull’economia nell’area.

Segnale negativo per l’economia

I rendimenti a lunga scadenza sono il termometro dello stato di salute percepito sui mercati dell’economia. Quando si abbassano in misura drastica, come sta avvenendo in questa fase, captano pessimismo sulla congiuntura, la cui debolezza è attesa impattare negativamente sull’indice dei prezzi. E questo è un cattivo segnale per i bond con rating medio-bassi, siano essi sovrani o corporate. Nei momenti di “risk-off” sui mercati, gli investitori optano a favore dei titoli di qualità più alta, scartando quelli percepiti più a rischio. E i BTp rientrano tra i secondi, a causa delle basse valutazioni di cui godono tra le agenzie internazionali.

Il trentennale italiano quest’anno è anch’esso rincarato, scendendo di rendimento dal 2,48% al 2,21%, ma da quando il Coronavirus ha preso di mira l’Italia, è stato oggetto di “sell-off” insieme al resto della curva. In Germania, è accaduto il contrario, a conferma che il rally di tutta l’area fino a metà febbraio era stato trainato da timori generici sull’andamento dell’economia globale, mentre da quasi un mese a questa parte gli investitori sono tornati a segmentare l’Eurozona tra mercato “prime” e mercato “high yield”. E in quest’ultimo rientra ormai sostanzialmente solo l’Italia con i suoi BTp.

Il crollo delle quotazioni del petrolio tenderà a mantenere bassi i livelli assoluti dei rendimenti in tutte le economie importatrici, abbassando le aspettative d’inflazione. Si consideri che ieri un barile di Brent costava la metà di inizio anno, per cui è evidente che assisteremo già in questo mese di marzo a un rallentamento della già debole inflazione nell’Eurozona, lasciando immaginare un qualche altro intervento della BCE a sostegno delle aspettative e rendimenti richiesti più bassi, ceteris paribus, dagli investitori.

Rendimenti Bund mai così bassi. E la Germania gongola

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