
Non solo BCE. Dopodomani sarà il turno anche della banca centrale turca, che si riunirà per l’ultima volta quest’anno per decidere sui tassi. Il mercato si aspetta un nuovo maxi-taglio, pur in misura inferiore ai 250 punti base di ottobre, quando il costo del denaro venne abbassato dal 16,50% al 14%. Stavolta, dovrebbe scendere al 12,50%, segnando altri -150 bp. Il governatore Murat Uysal può confidare sulla decelerazione dell’inflazione, scesa in ottobre all’8,6%, pur in rialzo al 10,6% a novembre. E questo mese, sempre stando al mercato, dovrebbe attestarsi all’11,62%.
I titoli di stato hanno offerto sostanziosi recuperi negli ultimi mesi. I decennali rendono ora il 12,59%, molto meno del 16,34% di inizio anno e del 20% della scorsa primavera. I biennali sono scesi al 12,20%, quando avevano aperto il 2019 al 18,80% ed erano arrivati a un apice del 24,53% nel corso dell’anno. In teoria, il taglio dei tassi dovrebbe sostenerne ulteriormente i corsi, a patto che non venga percepito come imprudente. Un indizio sulla credibilità della politica monetaria è dato dai tassi di cambio. La lira turca scambia a 5,80 contro il dollaro, fluttuando da settimane attorno a un range ristretto, quasi a scontare un’assenza di direzione.
Se giovedì i tassi in Turchia verranno abbassati davvero al 12,50%, in termini reali risulteranno inferiori al 2%, un margine più basso della media oggi esistente sui mercati emergenti. In Egitto, ad esempio, i tassi reali risultano di ben circa l’8,50% e ciò attira i capitali esteri, apprezzando il cambio. Reggeranno i bond turchi al nuovo maxi-taglio dei tassi? Poiché esso è nell’aria, se i mercati lo fiutassero come irresponsabile, il cambio si sarebbe deprezzato da giorni, mentre sta rimanendo piuttosto stabile, anche dopo la (scontata) risalita dell’inflazione a novembre.
Bond Turchia ed Egitto meta dei capitali mondiali, ecco perché
Lira turca e bond in recupero, ma fino a quando?
L’attenzione si sta spostando sulla capacità dell’economia turca di riprendersi dalla crisi innescata lo scorso anno dalla tempesta finanziaria. E qui, le notizie appaiono positive. Adesso, ci si attende una lieve crescita del pil per quest’anno (+0,3/+0,4%) e una superiore al 3% per il prossimo biennio, mentre fino a poche settimane fa ci s’immaginava ancora rispettivamente un calo e una crescita asfittica. L’aspetto interessante della ripresa risiede nell’attrazione dei capitali esteri. Gli investimenti diretti stranieri hanno registrato quest’anno afflussi netti per 13 miliardi di dollari, quando le tensioni geopolitiche e commerciali altrove hanno portato i saldi in area negativa.
Dunque, la Turchia starebbe tornando a diventare meta degli investitori, attratti certamente dai livelli elevati dei suoi tassi, a fronte di un cambio stabilizzatosi dopo più di un biennio piuttosto drammatico, nel corso del quale è arrivato a deprezzarsi del 60%. Questo non significa che le aspettative future siano in sé positive, se è vero che il bond turco in dollari a 5 anni e cedola 6,35% (ISIN: US900123CV04) renda il 5,25%, circa il 7% in meno all’anno di quello in valuta domestica. Pertanto, a parità di rischio emittente, il mercato sconterebbe ancora un indebolimento della lira turca contro il dollaro di oltre un terzo entro il prossimo quinquennio. E questo ci spinge a ipotizzare che il solo taglio dei tassi non sarà capace di sostenere l’obbligazionario, almeno fino a quando non migliorerà l’outlook su inflazione e cambio, entrambi ad influenzarsi a vicenda.
Maxi-taglio dei tassi in Turchia, bond e lira in calo dopo i forti recuperi