Dopo avere ottenuto nuovi aiuti del Fondo Monetario Internazionale per superare questa fase emergenziale per via della crisi sanitaria ed economica esplosa nei mesi scorsi, l’Egitto è tornato ad essere meta dei capitali stranieri. Il tasso di cambio lo conferma. La lira locale guadagna quest’anno circa l’1,5% contro il dollaro. Può sembrare poco, ma per una valuta emergente non lo è affatto in un periodo di così difficile congiuntura internazionale. E se la quota di bond sovrani in mano agli investitori stranieri è salita decisamente in agosto, il trend non si è accompagnato ancora a un contestuale rafforzamento dei prezzi, anzi i rendimenti hanno continuato a salire, attestandosi oggi al 15,14% per la scadenza a 10 anni e al 14,35% per quella a 2 anni.

L’Egitto torna ad attirare capitali esteri tenendo i capitali alle stelle

Una certa ripresa si è verificata anche nelle ultime settimane per i bond denominati in dollari. La scadenza 2029 e cedola 7,60% (ISIN: XS1953057061) rende adesso il 6,30%. Per il ventennale abbiamo il titolo 30 aprile 2040 e cedola 6,875% (ISIN: XS0505478684), che quota esattamente alla pari, rendendo quanto il tasso d’interesse offerto. Infine, in lieve ripiegamento i prezzi del trentennale nell’ultimo mese. Parliamo del bond 2050 e cedola 8,875% (ISIN: XS2176899701), che rende l’8,36%.

Probabile, in realtà, che i titoli in dollari abbiano risentito negativamente del deprezzamento del cambio americano nell’ultimo periodo. Invece, sembrano anomali i rendimenti dei titoli in valuta domestica, troppo alti non solo nel confronto internazionale, quanto anche con riferimento ai fondamentali macro. Si consideri che la banca centrale tiene ad oggi fissati i tassi d’interesse al 9,25%, a fronte di un’inflazione scesa in agosto al 3,4%. Dunque, i tassi reali egiziani si attestano al 5,85%, quando altrove sono nulli, se non profondamente negativi, come nel caso della Turchia.

Verso un taglio del costo del denaro?

Pensate, cioè, che il decennale di Ankara offre oggi un rendimento del 13,65%, circa 150 punti base in meno, ma la lira turca quest’anno ha perso più del 20% contro il dollaro e l’inflazione continua a sfiorare il 12%.

Il rischio default de Il Cairo, peraltro, si è di molto ridimensionato per il mercato, con i “cds” ad essere crollati dai 643 punti base di aprile ai 416 di oggi. Quelli turchi superano i 512 punti.

Probabile che l’istituto tagli il costo del denaro al prossimo board di questo mese. La mossa non impatterebbe negativamente sul cambio, dati gli alti tassi reali attuali, finendo con il sostenere i prezzi dell’obbligazionario domestico. Per gli amanti del rischio, posizionarsi adesso su questo mercato per speculare al rialzo potrebbe rivelarsi una mossa vincente, specie se le tensioni internazionali attorno al Covid si allentassero. L’economia egiziana vive essenzialmente di turismo, petrolio e gas, tutti comparti destinati a migliorare l’outlook con il calo globale dei contagi e, di conseguenza, delle restrizioni.

L’Egitto ha debito pubblico denominato in dollari ed euro per complessivi 40 miliardi di dollari ed emesso in valuta locale per altri 140 miliardi. Ha chiuso il 2019 con un rapporto debito/pil al 90%, abbastanza elevato per un’economia emergente, ma l’assistenza finanziaria dell’FMI e la buona collocazione geopolitica del paese nordafricano a favore dell’Occidente rendono queste passività meno allarmanti di quanto sembrino.

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