La casa automobilistica svedese Volvo Cars ha emesso in settimana un green bond per l’importo di 500 milioni di euro tra un gruppo di investitori internazionali. Il titolo è risultato sottoscritto per tre volte il suo valore nominale, segno che sul mercato esista un forte interesse per questo genere di emissioni, malgrado il periodo avverso. I proventi raccolti sono destinati a finanziare il piano aziendale, in base al quale entro il 2030 Volvo venderà solamente auto elettriche ed entro il 2040 avrà emissioni nette zero di CO2.

Il green bond ha durata di 6 anni e scade il 31 maggio 2028. Offre una cedola fissa del 4,25%, pari a un premio di 291 punti base (2,91%) sul tasso “midswap”. Sarà negoziato alla Borsa di Lussemburgo. L’emittente si è posto come obiettivo di avere un volume di auto elettriche pari almeno al 50% entro la metà di questo decennio.

Nel 2020, Volvo stabilì il Green Finance Framework, aderendo all’ICMA Green Bond Principles. In base a tale adesione, può emettere green bond o ottenere prestiti “verdi” dalle banche, essendosi vincolata all’utilizzo del 100% dei proventi per finalità ambientali. Successivamente, procedette con la prima emissione del genere per l’importo di 500 milioni di euro anche quella volta.

Green bond a basso rischio di credito

Chiaramente, l’investitore che acquista green bond di Volvo si espone al rischio di credito. Sul piano teorico, però, esso sarebbe molto basso. Le agenzie di rating giudicano abbastanza solido il debito della società svedese. I giudizi sono A- per S&P, A2 per Moody’s e A+ per R&I. Volvo ha registrato nel 2021 ricavi record per 282 miliardi di corone, qualcosa come 26,73 miliardi di euro al cambio attuale. Il reddito operativo è stato di 20,3 miliardi (1,92 miliardi in euro) e nel quarto trimestre le auto elettriche ammontavano al 34% delle vendite totali.

Poiché l’emissione è in euro, chiaramente non esiste alcun rischio di cambio.

E rapportando gli obiettivi ai dati già maturati dalla società riguardo al piano di elettrificazione, sembra altrettanto basso anche il rischio di “greenwashing”. Si tratta di quel fenomeno per cui alcuni emittenti fingono di votarsi a cause ambientali al solo fine di raccogliere denaro a basso costo su un mercato sempre più sensibile su queste tematiche.

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