Al termine del terzo trimestre 2019, Telefonica risultava oberata da un indebitamento netto di 45 miliardi di euro, a fronte di un Ebitda annuale per appena 6,3 miliardi, in calo tendenziale di circa il 28%. I numeri finanziari impietosi hanno costretto l’altro giorno i vertici della compagnia spagnola delle telecomunicazioni ad annunciare un clamoroso addio a tutta l’America Latina, dove saranno vendute le partecipazioni. Già a inizio anno, la fuga aveva riguardato l’America Centrale (Guatemala, Salvador, Panama, Nicaragua e Costa Rica) e adesso il ceo José Maria Alvarez-Pallete spiega che il business sarà concentrato su soli 4 mercati: Spagna, Germania, Regno Unito e Brasile.

I disinvestimenti riguarderanno ben otto stati: Argentina, Cile, Uruguay, Perù, Ecuador, Colombia, Venezuela e Messico. L’obiettivo chiaramente consiste nell’impiegare i proventi delle cessioni per abbattere lo stock di debito, ma sui numeri vi sono molte incertezze. Tra gli analisti, alcuni ritengono che Telefonica sarebbe in grado di incassare fino a 22 miliardi, altri che si fermi a 11 miliardi. Il problema per gli spagnoli sarà di trovare acquirenti a prezzi soddisfacenti, dato che ben cinque degli otto stati da cui stanno fuggendo versano in condizioni politiche e/o economiche precarie, dal Cile all’Argentina, passando per la Colombia e l’Ecuador, arrivando al Venezuela affamato e dell’iperinflazione.

Telefonica gode di bassi rating: “BBB” per S&P e Fitch, “Baa3” per Moody’s. Se subisse qualche declassamento, rischierebbe un’esplosione dei costi di rifinanziamento, aggravando le criticità finanziarie. Ad oggi, risulta tra i principali beneficiari del programma di acquisto della BCE, noto come “quantitative easing”. Dal suo avvio nel marzo 2015 e fino al 31 ottobre scorso, Francoforte ha inserito in portafoglio corporate bond per 177 miliardi di euro. Per quanto non si conoscano gli importi relativi a ciascuna società, sappiamo che di Telefonica ha acquistato 19 obbligazioni, consentendo alla sua curva dei rendimenti di attestarsi su livelli estremamente bassi.

Mercato eurobond alla prova degli acquisti BCE

Obbligazioni Telefonica poco remunerative

Prendiamo il bond con scadenza gennaio 2023 e cedola 3,987% (ISIN: XS0874864860): rende meno di un quarto di punto percentuale, circa 65 centesimi in più dei Bonos di pari durata. Il titolo aprile 2026 e cedola 1,46% (ISIN: XS1394764689) offre appena un terzo di punto, circa un quarto in meno del bond sovrano spagnolo. Infine, il febbraio 2033 e cedola 5,875% (ISIN: XS0162869076) rende l’1,22%, solo lo 0,35% sopra i Bonos. In altre parole, per essere una società con rating basso e a rischio di scivolare nell’area “junk”, non sembra che si riveli sufficientemente generosa con i suoi creditori.

In teoria, la fuga dall’America Latina sosterrebbe ulteriormente i corsi obbligazionari di Telefonica, non fosse altro che per la prospettiva di un abbattimento del debito e, quindi, dell’allontanarsi del rischio di perdita dello status “investment grade”. Di fatto, le partecipazioni non stanno più contribuendo positivamente nel complesso, a seguito dei crolli valutari accusati da economie come Argentina e Venezuela, oltre che alla crisi economica che l’area vive in questa fase. Ma siamo sicuri che riuscirà a vendere e che i prezzi risulteranno superiori ai valori di carico, evitando l’iscrizione di nuove perdite a bilancio?

Con la Bolivia brucia tutta l’America Latina

E si consideri che le utilities come Telefonica appaiono le più vulnerabili nelle fasi di rialzo dei tassi, in quanto relativamente più indebitate ed esposte all’aumento dei costi di rifinanziamento, sebbene negli ultimi anni la compagnia abbia approfittato del QE per allungare le scadenze. Resta il fatto che tutti questi fattori positivi sembra siano stati scontati ampiamente dal mercato e che, cessioni o meno in America Latina, i rendimenti (prezzi) delle sue obbligazioni abbiano più probabilità di crescere (diminuire) che di continuare a scendere (salire).

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