A distanza di appena due settimane dalla prima storica emissione, l’Unione Europea ha raccolto ieri altri 15 miliardi di euro attraverso il collocamento sul mercato di un nuovo Eurobond suddiviso in due tranche. La prima ha scadenza 6 luglio 2026 e la seconda 6 luglio 2051. Dunque, Bruxelles ha emesso obbligazioni a 5 e 30 anni. A metà giugno, aveva esordito con un decennale. Il rendimento esitato allora fu dello 0,06%, nettamente a premio rispetto al -0,25% della Germania.

Gli ordini sono stati altissimi anche stavolta. Avrebbero sfiorato i 170 miliardi, più dei 142 della prima emissione.

In particolare, la tranche a 5 anni è stata offerta per 9 miliardi e ha esitato un rendimento del -0,34%, 11 punti base sotto il tasso “midswap”. La tranche a 30 anni è stata offerta per i restanti 6 miliardi, esitando un rendimento dello 0,70%, +25 punti base sul “midswap”. In entrambi i casi, tuttavia, i rendimenti si sono confermati a premio sui Bund della Germania. Questi offrivano ieri alle rispettive scadenze -0,57% e 0,31%.

Eurobond ancora più costosi dei Bund

In totale, grazie a questi Eurobond la UE ha raccolto 35 miliardi in appena un paio di settimane. L’obiettivo entro fine anno è di 80 miliardi, al fine di finanziare il Recovery Fund da 800 miliardi in 6 anni. A questo punto, serviranno altri 45 miliardi, verosimilmente da raccogliere in 2-3 nuove emissioni da qui a dicembre. Interessante notare come la UE stia cercando di costruirsi una curva delle scadenze, puntando su ogni tratto. Ad oggi, ha sondato il mercato sul tratto medio, medio-lungo e lunghissimo. Probabile che valuterà emissioni brevi nei prossimi mesi.

Gli Eurobond faranno concorrenza crescente ai Bund negli anni, essendo anch’essi titoli del debito con rating AAA, per cui sono da considerarsi “safe assets” a tutti gli effetti. I maggiori rendimenti sin qui offerti rispecchierebbero non tanto i timori del mercato per emissioni ancora allo stadio larvale, semmai problemi di liquidità.

Il mercato degli Eurobond praticamente non esiste ancora, mentre la Germania e gli altri stati comunitari maggiori vantano dimensioni per i rispettivi mercati sovrani da migliaia di miliardi di euro. Insomma, il trading sui titoli appena emessi da Bruxelles risulta per il momento molto complicato, a causa dei bassissimi scambi potenziali.

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